Concezione psicosomatica della malattia: OMEOSTASI E FORZE RISANATRICI NATURALI

omeostasiL’Omeostasi e le Forze Risanatrici Naturali


Nella concezione psicosomatica della malattia, l’ammalarsi e il guarire rappresentano gli eventi estremi di un processo interno di auto-organizzazione dell’organismo, detto “omeostasi”. Quando i meccanismi omeostatici, che permettono all’organismo di mantenersi in equilibrio, vengono alterati, si ha l’evento malattia, così come lo stato di salute è il frutto di un automatismo omeostatico, i cui fini meccanismi di regolazione biologica non sono percepibili dalla coscienza perché avvengono nell’inconscio corporeo.

L’uomo moderno pretenderebbe di risolvere rapidamente ogni malattia con medicinali specifici, evitando così di dedicarsi alla ricerca delle “cause” dei propri squilibri interni e demandando ai farmaci funzioni che l’organismo potrebbe svolgere in maniera autonoma o al massimo con l’ausilio di medicamenti blandi (ovviamente esulano da questo discorso condizioni gravi e pericolose come traumi o infezioni dovute ad agenti virali esterni aggressivi e mortali).

La malattia fa parte della vita e l’arte della guarigione fonda le sue basi nella capacità di essere consapevoli di quali eventi, piccoli o grandi, hanno alterato l’equilibrio della nostra unità psicosomatica: i farmaci possono agire sui sintomi nel breve termine, ma nel lungo periodo è necessario prendere consapevolezza dei ritmi, dei tempi, dei bisogni, delle pulsioni e dei possibili stati conflittuali del nostro corpo, della nostra mente, della nostra vita, di noi stessi.

da Enciclopedia Microsoft Encarta:

lemma: “Ippocrate di Cos (enciclopedia vers. CD)

Articoli collegati:



Riccardo ForlaniLa Medicina delle Cause

Manuale di terapie naturali applicate alla psiconeuroendocrino-immunologia. Per capire la medicina biologica e preventiva

Akros Edizioni

Al di là dell’aspetto prettamente farmacologico, La Medicina delle Cause trasmette un’etica rinnovata del rapporto medico-paziente, invitando ad adottare un punto di vista più globale nell’approccio all’individuo malato; inoltre sollecita il recupero di un ruolo attivo da parte dei pazienti, nella conservazione del proprio stato di salute.La Medicina delle Cause è rivolto a chiunque voglia riappropriarsi della gestione del proprio benessere psico-fisico, comprendendo a fondo i vantaggi di una filosofia della medicina che mira all’individuazione delle cause che hanno provocato la perdita dello stato di salute, ma anche a medici e professionisti della salute che vogliano allargare l’orizzonte delle proprie conoscenze, apprendendo nuovi strumenti terapeutici e nuovi spunti di approfondimento professionale.

La prima parte si concentra sul concetto di omeostasi biologica e pone in evidenza come la malattia sia una perturbazione del perfetto equilibrio biochimico ed energetico che intercorre tra i diversi apparati del nostro organismo.

La seconda parte analizza varie modalità di intervento terapeutico, alternative a quelle della medicina ufficiale, tra cui l’omeopatia, l’omotossicologia la fitoterapia e l’oligometalloterapia, che possono costituire utili strumenti di cura in tutte le fasi prelesionali.

Lo trovi su Macrolibrarsi



Rudolf KutzliIl Creativo Disegno di Forme
Natura e Cultura

Il fondamentale lavoro di Rudolf Kutzli sul disegno di forme rappresenta una raccolta di esercizi esposti secondo gradualità in cui viene mostrato un percorso che può essere seguito da tutti coloro che cercano uno stimolo alla propria attività interiore, indipendentemente da qualsiasi attitudine o conoscenza preliminare.

Questa sequenza di esercizi conduce ad un processo di attivazione che porta allo schiudersi delle forze creative sopite in ogni essere umano. Il disegno di forme fortifica il centro del nostro essere, l'”Io”, di fronte alle tendenze che lo minacciano costantemente spingendolo verso un pensiero sclerotizzato, verso crampi e desertificazioni dell’anima, verso l’apatia o l’assenza di guida nella sfera della volontà.

In un’epoca in cui tutto concorre alla paralisi della forza che apporta motivazione, al disseccamento dell’anima, in un’epoca i cui anti-ritmi minacciano di farci ammalare, un allenamento come questo può essere una sorgente di forze risanatrici, vitalizzanti e animicamente attivanti.
Nel settembre del 1919 Rudolf Steiner fondò la prima scuola Waldorf (scuola “steineriana”), basata su una nuova pedagogia, ovvero su un metodo d’insegnamento ispirato alla ricerca di una nuova “conoscenza dell’uomo” (Antroposofia). Nel programma di tale scuola Steiner introdusse due nuove materie, entrambe incentrate sulla forma e il movimento: l’euritmia e il disegno di forme.

Il disegno di forme parla al compositore ritmico nella nostra interiorità che unisce in armonia il formare e lo sciogliere, l’impulso e la quiete, il cosmico e il terrestre, rafforzando la forza del centro.

Lo trovi su Macrolibrarsi

Pubblicità

Spegni il Fuoco della Rabbia

Spegni il Fuoco della Rabbia


Thich Nhat Hanh

Spegni il Fuoco della Rabbia

Oscar mondadori
ISBN:

Prezzo € 11,00

Compralo su Macrolibrarsi

La rabbia, la frustrazione e la disperazione che proviamo sono strettamente connesse con il nostro corpo e con il cibo che ingeriamo. Corpo e mente non sono due entità separate, sono una cosa sola. La presenza mentale e un’efficace strategia alimentare possono permetterci di abbracciare la rabbia e di neutralizzarla.


IN ITALIA “DISNEY LIVE”

Tra novembre e dicembre a Napoli, Milano, Torino, Roma le tappe del “magico show di Topolino”

Per la prima volta nelle principali città italiane, il Disney Live! Il magico show di Topolino. Il tour del più famoso tra i personaggi del mitico Walt Disney partirà da Napoli il prossimo 12 novembre dove si esibirà, al Palapartenone, fino al 16. Dal 19 fino al 23 di novembre sarà a Milano, al Palasharp, per trasferirsi poi al Mazdapalace di Torino dal 26 al 30 Novembre e concludere il magico spettacolo itinerante al Palalottomatica di Roma dal 3 all’8 dicembre 2008. La produzione di questa novità assoluta, prodotta da Feld Entertainment, è presentata in Italia da Applauso spettacolo.

Si tratta di una combinazione unica di personaggi Disney e brillanti illusionisti – quali sono Brad Ross e Alex Gonzalez – che portano in scena un nuovo spettacolo dal vivo che entusiasmerà i bambini di tutte le età. Uno show per famiglie insomma, che assisteranno a numero di illusionismo mozzafiato: gli umili vestiti di Cenerentola si trasformeranno in un batter d’occhio in splendidi abiti da sera; le scope incantate che danzano in Fantasia solleveranno Minnie. Topolino, capo dei maghi, eseguirà incredibili illusioni con la Fata di Cenerentola e Hatta, il cappellaio matto di Alice nel Paese delle Meraviglie. La magia continuerà poi con le apparizioni delle principesse Disney, di Belle e Biancaneve e degli amici di Topolino che popolano Cartoonia, da Minnie a Paperino, da Paperina a Pippo. Un meraviglioso cielo stellato in un’atmosfera incantevole e surreale farà da coreografia ad uno spettacolo che coinvolge direttamente i bambini che avranno l’opportunità di entrare a far parte della rappresentazione, sia per estrarre fazzoletti dal cilindro che per tentare la fuga più veloce del mondo.

Con un numero strepitoso l’illusionista Brad Ross solleva la Principessa Jasmine e la scena arriva al suo apice in un meraviglioso cielo stellato in un’atmosfera incantevole e surreale. Sulle note di A Whole New World Brad raggiunge Jasmine e insieme i due volano verso l’alto. L’illusionista Alex Gonzalez mette il suo talento al servizio di una storia appassionante arricchita da una strabiliante spettacolarità di esecuzione. In un messaggio che saprà conquistare adulti e bambini, Alex racconta la storia di Benny Boyle, un nuovo personaggio che impara a trovare la magia dentro se stesso. La pratica e la determinazione di Benny lo porteranno ad un meraviglioso numero di anelli davvero impressionante. Naturalmente la prenotazione è d’obbligo.

In Rete

Prenotazioni e informazioni sul “Disney Live!”

22-09-2008

Marina Zenobio
http://www.guidagenitori.it

LA CRESCITA:ALIMENTAZIONE

LA PRIMA COLAZIONE

Importante per gli adulti, indispensabile per i bambini: regole e strategie per partire con il piede giusto

“Chi ben comincia è a metà dell’opera!” Il vecchio proverbio ben si adatta alle regole di una corretta alimentazione. Una buona e corretta prima colazione è, infatti, indispensabile per fornire a tutti noi, ma soprattutto ai bambini, il giusto valore energetico e nutritivo. Sia dal punto di vista dietetico che da quello educativo questo primo momento della giornata è, quindi, importante e “delicato”.

Quali sono i cibi da preferire?
La prima colazione dovrebbe apportare circa il 15 – 20% delle calorie necessarie per affrontare una giornata e queste calorie dovrebbero provenire un po’ da tutti i nutrienti, in particolare il 10-13% dalle proteine, il 27% circa dai grassi, il 55-60% dai carboidrati.
L’alimento principale da scegliere, perché apporta proteine animali ad alto valore biologico e di calcio, indispensabile per la crescita del bambino, è sicuramente il latte, meglio se intero e fresco. A questa bevanda si può aggiungere, per renderla più gustosa, dell’orzo solubile o del cacao (poco se il bambino è in soprappeso).
Da mangiare, fette biscottate o pane con burro e marmellata o miele, qualche biscotto secco oppure una fetta di torta casalinga. Una buona alternativa è rappresentata anche da fiocchi di mais o altri cereali oppure da uno yogurt.
Per completare una sana colazione è opportuno aggiungere anche della frutta, meglio se fresca e di stagione, sotto forma di macedonia o, soprattutto nei mesi invernali, una spremuta d’arancia ricca di vitamina C, che aiuta a prevenire le malattie da raffreddamento

I consigli per mamma e papà
In molti casi il bambino però, appena sveglio, non ha appetito e si rifiuta di mangiare. Innanzitutto è inutile costringerlo, perché in questo modo si otterrà solo l’effetto contrario.
Spesso il piccolo vive i primi momenti della giornata troppo concitatamente, sollecitato dalla mamma e dal papà a lavarsi, vestirsi, preparare la cartella, ripassare la lezione. Se poi a tutto questo si aggiunge la fretta dei genitori di uscire di casa puntuali per accompagnare il figlio a scuola e “correre” al lavoro il risultato sarà un pasto consumato male e velocemente.
Non bisogna quindi dimenticare che i genitori devono essere i primi a dare il buon esempio.
E’ opportuno quindi, per dare il tempo ai propri figli di fare colazione con calma e serenità, anticipare la sveglia di una decina di minuti, sedersi al tavolo con loro e consumare un ricco pasto tutti insieme.
Il primo passo è presentare al piccolo una colazione “creativa”, alternando alimenti diversi magari serviti in tazze e piatti colorati e divertenti. Variando il menu del mattino infatti, cambiando magari solo tipo di biscotti o, perché no, ogni tanto proponendo cibi salati (come pane e prosciutto o un uovo alla coque), si può stuzzicare l’appetito del bambino.

I vantaggi di una buona colazione
Uno dei principali benefici di una corretta prima colazione sarà sicuramente una maggiore attenzione e reattività del proprio bambino in classe. Ma non solo: non sentirà il bisogno di mangiare merendine e altri snacks fuori pasto, arriverà così all’ora di pranzo con maggior appetito e consumerà tutti i cibi proposti dalla mensa.
E’ dimostrato invece che una delle conseguenze più gravi di una “cattiva” colazione è la tendenza del bambino a diventare obeso. Il piccolo, infatti, vittima della fretta degli adulti, può trovarsi costretto a mangiare una merendina uscendo di casa di corsa ed avere così dopo solo un’ora lo stomaco vuoto. Cercherà dunque di “sgranocchiare” snacks fuori pasto, dannosi sia per la sua salute sia perché, all’ora di pranzo, si ritroverà senza appetito e già “sazio”.
L’importante quindi è abituare il proprio bambino fin da subito ad una corretta prima colazione e cercare, nella frenesia della mattina, di trasformare i primi minuti della giornata in piacevoli e “gustosi” momenti di serenità!

22-09-2008

Sara Ferrari
http://www.guidagenitori.it

COMUNICAZIONE

COMUNICAZIONE

Parola oggi molto usata e talora “abusata”, la comunicazione indica in senso generale quell’insieme di segni e di messaggi – verbali e non – che servono per trasferire ad atri delle informazioni ma anche delle emozioni.

Secondo la definizione del linguista russo Roman Jakobson, per comunicazione si intende il processo linguistico di scambio da un emittente a un ricevente attraverso un canale e mediante un codice comune a entrambi.

La comunicazione può essere di due tipi, verbale e non verbal.e La prima utilizza parole, immagini, segni e testi scritti (su carta ma ora anche su strumenti elettronici).

La seconda impiega tutta una serie di comportamenti corporei come le posture, la distanza tenuta con l’interlocutore,le smorfie, i movimenti eseguiti con il capo o con le mani mentre parliamo, e così via.

“Tu diventi ciò che dici”

Parafrasando il detto per cui “l’uomo è ciò che mangia, si potrebbe dire che ognuno di noi “diventa le parole che dice”. In effetti, comunicare è semplice come respirare. Tuttavia “comunicare” non significa semplicemente “informare“: vuol dire “entrare in relazione” (e dunque scambiare informazioni, messaggi, sensazioni…) con soggetti esterni a noi. Per ogni essere vivente non comu­nicare è praticamente impossibile perché anche il silenz­io, lo sguardo, gli atteggiamenti non verbali o le smorfie del volto sono aspetti che “parlano” per noi e manifestano il nostro modo di essere, l’universo dei nostri stati d’animo.

Una buona comunicazione inizia dalla pancia

E’ stato dimostrato che il feto è in grado di percepire attraverso il ventre la voce della madre che gli parla durante i nove mesi di gravidanza, come pure i suoni e le musiche provenienti dal mondo esterno.

In tal modo tra mamma e bambino si instaura subito una forma di comunicazione che non fa sentire “isolato” il nascituro e, contemporaneamente, crea un legame tra la gestante e il bimbo, aiutando la donna a superare le ansie e i dubbi tipici dell’attesa.

Le regole per una comunicazione felice

Una buona comunicazione è il segreto per far fluire l’energia ma anche per stimolare correttamente il nostro cervello, che si nutre di parole e le fa germogliare: a patto, che si tratti di parole spontanee, perché le parole forzate, il linguaggio omologato e i modi di dire intasano la mente e creano “ingorghi” che nel tempo possono dare origine a disturbi psicosomatici.

Per esempio: spesso in coppia una battuta “infelice” o un battibecco dettato dal nervosismo aprono la strada a incomprensione, musi e rancori; tra genitori e figli, i giovani reagiscono alle imposizioni degli adulti con il silenzio o con parole sgarbate; al lavoro, si può eccedere con i toni melliflui per ottenere l’approvazione di capi e colleghi o, all’opposto, lasciarsi andare a espressioni Iamentose o rabbiose; e anche con gli amici a volte si adotta una comunicazione faziosa e standardizzata, sicuramente non originale ma “modulata” sullo stile del gruppo cui si appartiene pur di conservare il diritto di far parte di quella compagnia. Sta di fatto che ogni volta che non riusamo ad esprimerci o comunichiamo in modo forzato o sbagliato, creiamo un blocco energetico: il “detto male e troppo” come pure il “non detto” si trasformano in tossine energetiche che provocano disagi e infelicità.

Le parole sbagliate intossicano il cervello

Non esistono parole ascoltate o pronunciate che non lascino traccia. Tutte le parole, e in particolare le parole sbagliate, producono delle ricadute: seminano scorie e condizionamenti, generano atteggiamenti distorti e “storpiature” che ci complicano l’esistenza e ci intossicano la mente.i Una volta pronunciate, infatti, esse vanno ad agire contemporaneamente su due cervelli (come minimo): quel di chi parla e quello di chi ascolta.

E in entrambi i cervelli, diventano materia mediante un preciso percorso chimico-fisico (oltre che simbolico) che attraversa corpo e psiche a partire dall’orecchio. Proviamo a seguirlo.

Dalla voce all’orecchio… L’ingresso dei suoni nel corpo avviene attraverso il timpano, una specie di “porta” situata dentro l’orecchio.

Da qui procedono nel cranio verso una struttura denominata coclea, fanno vibrare l’orecchio interno e poi si incanalano nel nervo acustico.

si propagano sotto pelle… A questo punto le parole stimolano il nervo vago, che si dirama verso gli organi della respirazione, della digestione e della circolazione.

A livello centrale invece vengono interessate alcune aree del cervello e le zone vicine alle strutture uditive, come le aree limbiche e para-limbiche, dove le emozioni si trasfor­mano in impulsi fisico-chimici e viceversa.

sino ad arrivare a tutto l’organismo. Quando una paro­la entra dentro di noi (può essere una parola da noi pronun­ciata o anche solo pensata in silenzio, oppure la parola che ci viene detta) modifica contemporaneamente le aree cere­brali e lo stato di alcuni visceri: in sostanza, crea un differen­te stato di coscienza sia a livello psichico che somatico.

Di conseguenza, può far star bene o può creare disagio.

La parola è come un seme che feconda il cervello

In tutte le tradizioni, orientali e occidentali, si riconosce alla parola un potere fecondante rispetto al cervello, simi­le a quello di un seme che – messo nella terra – inizia a cre­scere e dà origine alla pianta. Il filosofo russo George Iva­novitch Gurdjieff sostiene che: «Noi diventiamo le parole che ascoltiamo», mentre una delle massime del saggio in­diano Sri Nisargadatta Maharaj recita: «Dissolvi le paro­le». Soltanto così la materia creata dal linguaggio (e quin­di anche il disagio o la malattia indotti dalle parole) per­derà forma e consistenza, fino a svanire nel nulla.

Ecco perché già gli antichi sacerdoti egizi vietavano di nominare le malattie, in quanto il fatto solo di enunciar­ne il nome equivale a “seminarle” nella realtà.

Il nostro cervello, infatti, è come un terreno fecondo su cui le parole, le nostre come quelle altrui, cadono come tanti semi: ascoltando se stessi e gli altri si diventa come il fertile ricettacolo di questi semi, che poi fruttificano e germogliano nel corpo.

11 linguaggio è una vera e propria energia tipica dell’uomo: le parole sono “frecce” che nascono all’interno di noi stessi, fluiscono verso il mondo esterno, diventando linguaggio. Tutto ciò che diciamo, in definitiva, lascia un segno sulla nostra psiche, lavora nel nostro inconscio per giorni, mesi, anni, arrivando a cambiare non solo la mentalità, ma anche la materia di cui siamo fatti. Per questo possiamo tranquillamente affermare che noi diventiamo per davvero le parole che pronunciamo, quelle che abbiamo ascoltato e che continuiamo ad ascoltare.

La soluzione: essere consapevoli della nostra comunicazione. Affinché le parole diano sollievo e creino benessere, occorre acquisire consapevolezza di cosa diciamo e di come parliamo. Perché, quando è “giusta”, la parola trasforma l’energia, ma ciò accade solo quando esprimiamo ciò che sentiamo veramente, quando parliamo in maniera personale e originale e, se serve, quando riusciamo a tacere.

Il valore terapeutico del silenzio

La cultura contemporanea ci riempie di parole e ci costringe a vivere in uno spazio intasato di suoni, di pensieri, di proiezioni mentali. Con il silenzio, invece, si eliminano tutte le parole inutili e sbagliate che si affollano nella mente. Se anche per qualche minuto, senza farsi prendere dall’assillo di riempire il vuoto di parole, ci rilassiamo e restiamo a mente vuota senza pensare né dire nulla, è probabile che si affaccino alla mente le parole più adatte a quella determinata situazione.

Secondo i più recenti studi neurologici, infatti, quando siamo in silenzio, nel nostro cervello avviene una sorta di organizzazione, di “reset” e, probabilmente, si può addirittura parlare di un affioramento di funzioni cerebrali diverse, molto antiche, messe sullo sfondo dal fluire continuo ed eccessivo delle “parole di superficie”.

E’ soltanto nel silenzio, infatti, che possiamo incontrare i “nostri” suoni e le “nostre” parole: quelli che davvero ci appartengono e che possono guarirci da tutti i mali. Il suono, infatti, nasce dallo spazio interiore: a sgombrare tale spazio è il silenzio, che ha la funzione di smaterializzare il pensiero e di creare il vuoto, luogo di incubazione delle parole autentiche e grembo di accoglimento dell’ascolto.

I Sì E’ i NO della comunicazione

Noi diventiamo le parole che pronunciamo, quelle che abbia­mo ascoltato e che continuiamo ad ascoltare. Ecco perché è importante diventare consapevoli della nostra comunicazione.

  • Usa poche parole / Innanzitutto, impara a pronunciare i suoni giusti e il giusto numero di parole, solo le paro­le che ti servono per esprimerti in modo adatto alle tue vere esigenze. Chiediti, per esempio se stai usando le parole appropriate per manifestare le tue emozioni, se ripeti sempre le stesse parole come inutili infarciture del discorso… Considera tutte queste variabili e verifica come potresti comunicare in maniera diversa e più naturale.
  • Usa un linguaggio personalizzato e “leggero” / Smetti di adattarti a modelli standard di perfezione e di successo, e non pronunciare più parole inutili, sterili o prese a pre stito da altri giusto per riempire lo spazio tra te e il tuo interlocutore: ritrova in te stesso i “tuoi” suoni e lasciali affiorare nel modo più spontaneo possibile. Non aggiungerci altro. Ogni parola, infatti, è come un vettore energetico, una freccia diretta al bersaglio: più l’appesantisci con premesse, precisazioni, sinonimi e più la rallenti, distogliendola dalla sua naturale traiettoria.
  • Privilegia la sintesi / il vero messaggio che si intende trasmettere è sempre molto breve: secondo gli esperti, si può condensare in non più di dieci parole. Tutte le altre, sono parole “di contorno”, buone soltanto a esprimere segnali contraddittori e ambigui. Se dunque devi dire qualcosa, cerca di esprimerlo con poche parole, chiare e comprensibili. Sarai più deciso e sicuro di te, e… terrai inchiodato al l’ascolto i tuoi interlocutori.

NO

  • Sostituirti al tuo interlocutore / Tra gli errori di comunicazione più diffusi c’è quello per cui chi parla tende a… mettersi nei panni di chi lo ascolta. Così facendo, esprimiamo solo la paura di essere giudicati dall’altro, oppure non siamo sicuri che quello che stiamo comunicando sia “giusto”. Cerchiamo invece di esprimere solo ciò che sentiamo e basta.
  • Cercare di convincere / Una comunicazione con intenti manipolatori è una comunicazione malsana. Più si cerca di blandire l’interlocutore e più questi si sentiingannato, se invece si tenta di smantellare le sue idee, si metterà sulle difensive. Meglio quindi comunicare in modo sincero e neutrale e lasciare all’altro la libertà di coltivare le sue idee, che magari sono già uguali alle nostre…
  • Copiare gli altri / La comunicazione è come un abito: per colpire dev’essere personalizzata. Bando dunque all’abuso di slang, modi di dire, proverbi, parole straniere…. Se parli copiando qualcuno, rischi solo di sembrare una caricatura, sortendo effetti ridicoli e senza ottenere nessun risultato.

(Tratto da il Dizionario della felicità – RIZA – Raffaele Morelli)