I perché nascosti della malattia psicosomatica –
Come guarire ed essere felici.
Disagio psicologico. Quando la malattia diventa un rifugio
Una piccola premessa: propongo questo articolo per rispondere ad un messaggio che ho ricevuto da una cara ragazza, che per convenzione chiameremo Debora, che scrive: “Mi sono rotta una caviglia… ho la gamba ingessata. C’è un messaggio da capire o sono le solite stronzate senza senso che mi capitano?
Se tu stai sempre male..
Certe persone, anche in giovane età, si trovano a lottare contro una cattiva salute. Non hanno nessuna malattia seria, solo tanti piccoli fastidiosi disturbi che influenzano la loro vita e le loro relazioni con gli altri. Queste persone sembrano perseguitate dalla sfortuna: ne hanno sempre una! Disturbi come stanchezza cronica, vertigini, tachicardia, gastriti, coliti, cefalee, vaginiti, cistiti, dolori muscolari, cervicale, sindrome premestruale, ciclo irregolare, bruxismo e continui raffreddori ed influenze (e l’elenco potrebbe continuare a lungo!) sono tristemente familiari per queste persone così cagionevoli.
Purtroppo, chi soffre di questi acciacchi non si sente compreso né dal medico curante che spesso liquida i loro mali come “stress” né dai loro familiari che li trattano da ipocondriaci.
Ti sei riconosciuto in questa descrizione? Sappiamo che non ti senti bene e che non è giusto che la tua sofferenza venga banalizzata o minimizzata, ma , quando questi disturbi persistono, possono essere la “spia” di una profonda sofferenza psicologica.
Gli stretti legame fra corpo e mente.
Giustamente, chi soffre di un continuo malessere, si arrabbia quando i suoi disturbi vengono attribuiti allo stress. Chi soffre di una serie di disturbi psicosomatici non è un malato immaginario, è una persona che sta male davvero, anche se i suoi disturbi sono causati “solo” dallo stress. Le ultime scoperte scientifiche hanno evidenziato come corpo e mente siano strettamente collegati. Quando siamo ansiosi e spaventati, nel nostro corpo avvengono una serie di reazione biochimiche e ormonali: il nostro metabolismo accelera, il nostro battito cardiaco aumenta, la pressione sale, salgono i livelli di trigliceridi e di colesterolo nel sangue mentre diminuiscono gli ormoni sessuali. Le emozioni negative influiscono anche sul sistema immunitario che diventa meno resistente alle malattie e alle infezioni.
Purtroppo se lo stato di stress si prolunga nel tempo, ci si può ammalare seriamente.
Certo, non si può assolutamente affermare che tutte le malattie abbiano un origine psicosomatica : tuttavia le persone infelici o ansiose tendono ad ammalarsi di più e a riprendersi più lentamente dalle malattie rispetto alle persone serene.
Il caso di “Cerotto”.
Una mia paziente è soprannominata dagli amici “Cerotto” per la sua tendenza alle malattie e agli incidenti. La povera ragazza, a nemmeno 30 anni, ha collezionato un numero impressionante di malattie, distorsioni, contusioni e piccole fratture. Parlare con lei è come ascoltare un bollettino medico: ogni settimana ha un malessere diverso. Occorre dire che non c’è da parte sua alcuna simulazione né decisione cosciente. Anzi, “Cerotto” sta pagando un prezzo altissimo per i suoi meccanismi inconsci :non c’ niente di divertente nel rompersi un dito o nell’avere una distorsione alla caviglia!
In genere, le sue malattie o i suoi incidenti seguono uno schema ricorrente: “Cerotto” si ammala quando deve affrontare delle responsabilità che non si sente pronta ad assumere o quando vuole evitare un conflitto con una persona per lei importante. La prima frattura, per esempio, si è verificata quando la ragazza stava andando al suo primo colloquio di lavoro: è scivolata e si è rotta un dito. Questo le ha permesso di evitare il colloquio e il lavoro. Ma quando è riuscita a trovare un lavoro, è stata costretta a rinunciarvi perché ha sviluppato una forma di “otite bollosa” , refrattaria a qualsiasi trattamento medico, che è scomparsa quando ha deciso di lasciare il lavoro. Tutti i suoi successivi tentativi di inserirsi nel mondo del lavoro sono falliti per cause mediche : lo stress dell’ ambiente lavorativo la faceva ammalare e di conseguenza, la ragazza veniva licenziata per le sue numerose assenze. In campo sentimentale, la situazione non è migliore : a partire dall’adolescenza, “Cerotto” è sempre stata fidanzata ma quando la relazione diventava seria, si ammalava o aveva un incidente. Questo le permetteva di rimandare una decisione impegnativa come il matrimonio o la convivenza e testare inconsciamente la disponibilità del partner a prendersi cura di lei.
Insomma, le malattie nella sua vita avevano la funzione molto importante, sebbene inconscia, di evitare le responsabilità della vita adulta , preservando allo stesso tempo la propria autostima ed evitando il conflitto con gli altri.
Occorre sottolineare, ancora una volta, che si tratta di meccanismi assolutamente inconsapevoli, se la ragazza fosse infatti cosciente delle sue paure e dei suoi reali desideri, troverebbe un modo più efficace e, soprattutto meno doloroso, per affrontare i suoi problemi.
Malattia e desideri regressivi.
Di fronte alle difficoltà della vita, tutti noi almeno una volta abbiamo desiderato scappare su un isola tropicale oppure ritornare in un periodo della nostra vita più spensierato e con meno responsabilità. A volte, quando siamo particolarmente scontenti, visto che non possiamo scappare o ritornare bambini, ci ammaliamo.
Naturalmente non sto sostenendo che tutte le malattie siano frutto di desideri regressivi! Ma, a volte, la malattia psicosomatica può essere l’espressione di un inconscio desiderio di fuggire da una vita stressante e insoddisfacente.
Naturalmente la malattia psicosomatica può avere molti significati che non è possibile esaminare in questa sede, per cui mi limiterò a parlare soltanto di uno dei molti significati possibili del disagio psicosomatico: quello della regressione.
Quando ci ammaliamo, possiamo permetterci di essere deboli e di far sì che altre persone ci accudiscano e si occupino di noi. Spesso, chi è ammalato, riceve per via delle sue sofferenze una attenzione e una comprensione da parte delle persone che lo circondano, che da sano non riceverebbe. Inoltre, la malattia può consentirci di prendere una pausa da una quotidianità vissuta come troppo logorante e frustrante e/o può evitarci di assumere delle responsabilità, salvaguardando allo stesso tempo la nostra autostima.
Per esempio, la ragazza citata nel paragrafo precedente, essendo sempre malata o incidentata era giustificata agli occhi degli altri e di se stessa se non si metteva alla prova nella vita.
Ma evitando le responsabilità, evitava anche di confrontarsi con i propri limiti ed evitava anche il rischio di fallire.
I perché nascosti della malattia psicosomatica
Molti malati psicosomatici sono cresciuti in ambienti familiari freddi e distratti e non si sono mai sentiti veramente amati e considerati dai loro genitori. Soltanto quando erano malati, riuscivano ad ottenere da parte delle figure genitoriali affetto e attenzioni. Il messaggio inconscio che hanno ricavato dalle loro esperienze infantili è che il dolore è il prezzo dell’amore e che solo se soffrono possono essere amati.
Non solo: alcuni malati psicosomatici sono molto arrabbiati e risentiti per le deprivazioni affettive subite, e si aspettano inconsciamente dalla vita e dagli altri una specie di “risarcimento” per la mancanza d’amore della loro infanzia. Di conseguenza, nelle relazioni affettive cercano nel partner il genitore amorevole che non hanno mai avuto. Si aspettano dall’ altro una devozione totale e un amore incondizionato che per primi non riescono a dare.
Ma dal momento che le loro aspettative sono eccessive, difficilmente si sentono soddisfatti dei loro rapporti con gli altri.
La scarsa autostima è un tratto caratteristico del malato psicosomatico regressivo : quest’ultimo ha spesso di sé un immagine negativa : si percepisce come una persona debole, inferiore agli altri, incapace di cavarsela da solo nella vita.
Alcuni malati psicosomatici convinti di non riuscire ad interessare gli altri per le loro qualità, scelgono inconsciamente di diventare ” speciali” nelle loro debolezze. E il ruolo di “malato cronico”, di ” quello o quella a cui va sempre tutto male” può diventare un modo per essere finalmente visti dagli altri, per avere una propria identità, per trovare il proprio posto in famiglia o nella società.
Come guarire ed essere felici.
Guarire da uno stato di malessere cronico è possibile ma richiede un notevole lavoro su se stessi. Per stare meglio è importante cambiare l’immagine di sé , concentrandosi sulle proprie risorse (invece che sulle pecche fisiche e caratteriali) e lavorare sulla capacità di autoaffermazione e sull’assertività.
In questo paragrafo, daremo al riguardo qualche sintetica indicazione che spero, potrà essere utile:
1. Pratica regolarmente uno sport
Chi soffre di frequenti disturbi psicosomatici non ha un buon rapporto con il proprio corpo, che spesso percepisce come debole e malato. Avere una buona forma fisica può cambiare la percezione corporea, e di conseguenza, farti entrare in contatto con la tua forza interiore.
Lo sport è utile perché ti aiuta a sviluppare l’autodisciplina, una qualità carente in molti malati psicosomatici. Se è possibile scegli uno sport che permetta di scaricare l’aggressività come le arti marziali o il kick-boxing, ecc … Queste attività sportive ti faranno sentire più forte fisicamente e quindi, anche mentalmente.
2. Aumenta la tua soglia di tolleranza allo stress.
In genere, il malato psicosomatico di tipo regressivo ha una bassa soglia di tolleranza allo stress : di fronte alle difficoltà fugge oppure si ammala. Per diventare più forti , è importante sviluppare una buona dose di autodisciplina. Quindi è necessario imparare a fare le cose e rispettare tutti gli impegni anche quando non ci si sente al massimo della forma fisica o psicologica.
3. Sviluppa l’assertività nelle relazioni con gli altri.
Solitamente chi soffre di disturbi psicosomatici ricorrenti ha delle grosse difficoltà ad essere assertivo : l’aggressività viene rivolta verso se stessi e verso il proprio corpo. In altre parole, il malato psicosomatico si serve inconsciamente della malattia per comunicare agli altri le proprie esigenze e i propri desideri. Un esempio di questo meccanismo è quello della casalinga che si sente sfruttata e non appoggiata dai familiari e che sviluppa un improvvisa allergia ai detersivi, “costringendo” così marito e figli ad aiutarla nelle pulizie di casa. Chi soffre di frequenti disturbi psicosomatici spesso deve imparare a riconoscere e ad esprimere in modo assertivo le proprie esigenze.
4. Non appoggiarti troppo agli altri.
Chi non si è sentito amato da piccolo, come molti malati psicosomatici, tende inconsciamente a cercare nel partner il genitore amorevole che non ha mai avuto. Oppure nel migliore dei casi, chi sta sempre male, tende a pretendere dal partner un trattamento speciale a causa della sua salute delicata. E’ superfluo aggiungere che queste dinamiche psicologiche difficilmente danno luogo a rapporti felici e appaganti ! Chi soffre di continui disturbi psicosomatici dovrebbe cercare di ridurre le sue aspettative, cercando di instaurare con il partner un rapporto il più possibile partitario e gioioso.
5. Pensa a tutto quello che hai ricevuto dalla vita
A volte, chi ha avuto molte malattie è risentito con la vita perchè sente di aver avuto più problemi e difficoltà della media della gente e , in alcuni casi, può essersi formato un immagine di sé negativa come quella di una persona sfortunata, con molte pecche fisiche e caratteriali. Ma quando si è troppo focalizzati su quello che non si ha avuto nel passato, si diventa incapaci di apprezzare quello che si ha nel presente. E quando ci si concentra troppo sulle limitazioni a cui la malattia ci costringe, si diventa incapaci di vedere le opportunità che la vita ci offre. Quindi per superare la dolorosa sensazione di essere perseguitato dalla sfortuna, è bene concentrarsi sulle opportunità che ci sono state offerte ( e non solo su quello che ci è mancato) , sui nostri punti di forza (e non solo sulle nostre debolezze), sulle soluzioni (e non solo sui problemi)
6. Prendi contatto con la tua aggressività.
Chi soffre di disturbi psicosomatici tende a rivolgere verso se stesso l’aggressività sia con una continua autosvalutazione, sia ammalandosi, sia mettendosi in situazioni spiacevoli e stressanti.
Per prendere contatto con la propria parte aggressiva, può essere utile frequentare un corso di bioenergetica. La bioenergetica lavorando sul corpo , è adatta soprattutto alle persone molto celebrali, in quanto permette un contatto più profondo e immediato con le proprie emozioni.
Dottoressa Anna Zanon
(www.ilmiopsicologo.it)
Invia qui (o nello spazio sottostante per i commenti) i tuoi consigli a Debora e a tutti coloro che vivono questi stati di sofferenza, te ne siamo GRATI!
POSSIAMO FARCELA!
Articolo:Consigli di Benessere Alimentare: Maratona del PH
Filed under: Libri, Riflessioni, Sapevi che..., Tutti |
Eg. Dott.ssa, naturalmente sono d’accordo con tutto quello che lei asserisce anche perchè, essendo figlia di genitori separati, mi ritrovo in molte cose di cui lei parla.
Molte volte ci si nasconte dietro a malattie che apparentemente sembrano vere, ma poi si rivelano immaginarie proprio per attirare l’attenzione. Ma a casa mia non succede proprio così.
Un anno fà, ho 60 anni, ebbi un’ischemia che, per fortuna, non lasciò conseguenze visibili ma che mi ha cambiato.
Non posso dire che stò male perchè mi hanno detto che se me lo fanno, io non reagisco e non stò meglio.
Non capiscono, invece, che il malato ha bisogno di essere accolto, compreso.
Grazie.
Lilly
Ti ringrazio Lilly per la tua testimonianza e ti confesso di conoscere personalmente una signora della tua età che qualche anno fà ha avuto i tuoi stessi problemi e posso assicurarti, con lo stupore di tutti, che ella in breve tempo ha ripreso a condurre una vita pressochè normale. La forza di volontà che troviamo in noi stessi e il pensiero positivo sono di certo un grosso aiuto per una migliore e rapida autoguarigione.
Accogliamo e comprendiamo comunque anche chi fatica a comprenderci, usiamo noi per primi l’atteggiamento che vorremmo ricevere dagli altri e tutto ci torna moltiplicato.
In questo contenitore, chiamato Blog, abbiamo tutti l’opportunità di condividere e dare voce ai ns pensieri, bisogni e senzazioni, possiamo aiutarci a riflettere ed in questo modo riceviamo ogni volta che diamo il nostro contributo.
Un bellissimo pensiero dice: quando tu mi doni qualcosa ti faccio dono del mio ricevere; quando prendi da me sento che mi stai dando.
Grazie Lilly
Maggy
Gentile Dottoressa,
avrei bisogno di una delucidazione in merito alla frase: “quando prendi da me sento che mi stai dando”, perchè proprio non riesco a comprenderla.
Non ho ancora 40’anni e sto vivendo un periodo molto negativo della mia vita, dove tutti mi “fanno dono del loro ricevere”, ma io non sento che mi stanno dando nulla.
Mi sento così impoverita, giorno dopo giorno, che soffro di attacchi di panico per strada, e svenimenti improvvisi durante qualsiasi colloquio che sia fronte di stress.
Grazie se vorrà rispondermi.
Alba
Cara Dott.ssa,
ho 23 anni e mi ritrovo in tutto ciò che lei ha scritto.
Ho provato anche a farmi curare da alcuni psicologi, che mi hanno liquidata dicendomi che sono troppo intelligente per farmi aiutare e che posso risolvere i miei problemi da sola (?). Più vado avanti e più sto male, non ce la faccio ad affrontare le cose con animo sereno e coloro che mi stanno vicino non mi aiutano perchè reputano che io sia autosufficiente. Pur essendo giovane, devo dire che ho raggiunto bei traguardi con le mie sole forze e per questo posso giustificare chi dice che non ho bisogno d’aiuto. Oltre ad essere ipocondriaca e ad avere acciacchi vari ho anche problemi con il cibo, peggiorati dal fatto che tutti i parenti e amici non fanno altro che ripetermi che sono anoressica.
Sinceramente non so più che fare, non ho nessuno che mi prenda sul serio o che prova a capire il mio malessere.
Spero che lei mi possa essere d’aiuto.
Grazie!
Carissima Alba, innanzitutto proviamo a spiegare cosa si intende con queste parole: “quando prendi da me sento che mi stai dando” …provengono da una canzone della cantautrice americana Ruth Bebermeyer.
S’intitola “Dare dal cuore” e descrive molto bene quel momento “magico” in cui si realizza la nostra vera natura: contribuire gioiosamente al benessere del mondo.
DARE DAL CUORE
Non mi sento mai che mi si da’ di più
che quando prendi da me –
quando capisci la gioia che sento nel darti.
E lo sai che non ti do
perché tu abbia debiti verso di me
ma perché voglio vivere l’amore che sento per te.
Ricevere con grazia è il dono più grande.
Non c’è modo che io possa separare le due cose.
Quando tu mi doni qualcosa,
ti faccio dono del mio ricevere.
Quando prendi da me, sento che mi stai dando…
Stai provando delusione e sconforto per il fatto di percepire quello che ti prendono senza sentire e beneficiare dello scambio che si sente quando si dona con il cuore.
Sai, io esprimo ciò che viene da dentro, nessuna laurea possiedo, l’esperienza personale, gli studi, le ricerche in vari ambiti quali la famiglia, la società, lo spirito, l’etica, gli articoli che propongo, il blog stesso e la parola non sono altro che degli strumenti di cui mi servo per cercare di trasferire agli altri ciò che sento vero ed efficace per me e che probabilmente potrebbe essere altrettanto efficace anche per l’altro.
E’ bene, secondo me porsi delle domande…proprio questo è il punto, porgiamole a noi stessi le domande per capire se le nostre risposte sono come quelle che ci aspettiamo da coloro a cui ci rivolgiamo, smettiamo di cercare le risposte fuori di noi, cerchiamole dentro di noi.
Doniamo con il cuore?
Quando diamo, ci aspettiamo qualcosa in cambio?
Siamo capaci di accettare la risposta che ci arriva, qualunque essa sia?
Siamo liberi di prendere le proprie decisioni?
Ci facciamo condizionare nelle nostre scelte?
Il mio, cara Alba, è un modo per farci riflettere e per aiutare ognuno di noi a trovare la risposta più consona e vicina al proprio essere, sarei presuntuosa se credessi di avere la giusta ricetta ad ogni difficoltà, la giusta ricetta ce l’abbiamo tutti in mano anche quando ancora non l’abbiamo individuata e riconosciuta.
Accettazione, pazienza e fiducia nel saper riconoscere la propria ricetta, questo è il mio consiglio.
Sono felice di aver ricevuto la tua attenzione Alba, per questo ti ringrazio e ti auguro di ritrovare la luce che ti illumini la strada.
Un abbraccio
Maggy
Cara Sakura, Ringrazio anche te per l’attenzione che hai rivolto ai miei articoli, vorrei aggiungere a quanto risposto ad Alba queste parole di Neale Donald Walsch:
“Quello che Tu resisti in realtà persiste, quello che invece accetti scompare…non sparisce come una manifestazione fisica ma la tua esperienza negativa di questa manifestazione fisica è ciò che scompare, in questo modo tu non sperimenti più quello che sperimentavi prima come una cosa negativa e questo è il primo passo per una saggezza che cambia la tua vita … ”
ci sono persone non vedenti che vedono cose che noi assolutamente non riusciamo a vedere, ci sono persone non udenti che riescono a sentire ciò che noi non riusciamo a sentire, accettare le situazioni per quello che sono, accettarsi quindi per quello che si è e da lì partire, senza voler essere necessariamente come altri o come piace ad altri; lasciar fare a ciò che veramente abbiamo dentro.
Ci sono molte pratiche che ci possono aiutare a fare questo, una delle più semplici ed efficaci è secondo me il silenzio, attraverso una meditazione dove possiamo entrare in noi ed ascoltare ciò che viene da dentro e non ciò che arriva da fuori.
Il mio approcio alle difficoltà ha ottenuto migliori risultati quando ho smesso di demandare agli altri la colpa per le situazioni in cui mi trovavo, quando ho cominciato a prendere consapevolezza che in me qualcosa evidentemente attirava queste situazioni, quando ho accettato me stessa, i miei errori senza autopunirmi ho iniziato a lavorare su me stessa da sola e in gruppo.
Anche quando abbiamo difficoltà a capirlo ed accettarlo, gli altri sono lo specchio di noi e ci mettono di fronte ai nostri limiti come pure ci fanno scoprire anche i nostri talenti e le nostre potenzialità.
Più di una volta mi è capitato di trovarmi nella condizione di ringraziare per essermi trovata in passato in determinate difficoltà, da non credere. Sul momento non riuscivo a comprenderne i motivi, solo dopo, con il tempo mi sono ritrovata a ringraziare di ciò che in passato mi aveva procurato sofferenza. Ora che ho preso consapevolezza di questo voglio semplicemente ricordarmene ed avere fiducia e la soluzione arriva al momento opportuno e con minor sforzo.
Quando ci ostiniamo a voler risolvere a tutti i costi e con qualsiasi mezzo una determinata situazione, come dice Neale, questa persiste….. quando la accettiamo e in un certo senso ci arrendiamo ad essa si risolve più velocemente e con minor sforzo.
Desideriamo che gli altri ci comprendano, cominciamo quindi noi per primi ad accettarci e a comprenderci senza giudicarci.
Le persone che riescono in questo mondo sono quelle che vanno alla ricerca delle condizioni che desiderano, e se non le trovano LE CREANO” (G.B. Shaw) ”
Non basta sapere cosa fare. DEVI FARE QUELLO CHE SAI”
Con grande affetto
Maggy
Gentile Maggy,
grazie innanzitutto di cuore per l’attenzione alle mie problematiche, e per le risposte.
E’ bello dare quando chi riceve, riceve con gratitudine, ma quando gli altri ricevono pretendendo che tutto sia dovuto, ciò toglie bellezza al gesto del donare, come sa probabilmente chi fa esperienza di volontariato e vorrebbe che fosse riconosciuto il tempo e le forze dedicate, mentre chi riceve si sente in diritto di avere tutto, ritenendo che chi è più fortunato ha l’obbligo di dedicare tempo e denaro.
Ciò avviene in particolare nelle famiglie, figli che non notano i sacrifici dei genitori per assicurare tutto ciò di cui loro usufruiscono (studi, cibo, vestiti, etc.), ma anche, come nel mio caso, genitori che non apprezzano ogni domenica che viene loro dedicata, perchè loro sono anziani e hanno diritto a ricevere tuto il tempo libero, come se uno dovesse vivere solo per loro, magari rinunciando anche al lavoro.
E’ solo questo, e non altro, che toglie gioia al gesto del dono: quando chi lo riceve te lo lascia là sul tavolo, come un oggetto superfluo.
Carissima Alba,
comprendo come ti senti, usata, delusa…
E’ vero che molte persone danno tutto per scontato, ritengono di avere tutto il diritto di ricevere quel di cui hanno bisogno, resta il fatto che chi se ne rende conto è quello che può dare il buon esempio.
Cosa vorresti che gli altri facessero o ti dicessero quando doni qualcosa o presti loro un servizio?
Vorresti che ti dimostrassero gratitudine? Un grazie, un sorriso, un abbbraccio….. quel che possiamo fare noi è proprio quello che vorremmo ricevere; potremmo cominciare con il ringraziare noi direttamente le persone che aiutiamo, per la fiducia che ripongono in noi, questo gesto sicuramente non passa indifferente.
I nostri genitori spesso per orgoglio fanno fatica ad accettare l’aiuto dei figli, è questa secondo me la difficoltà che impedisce loro di chiedere aiuto, sentendosi in diritto di ricevere si evitano di ringraziare, cosa che riesce difficile quando vivono male il loro disagio o meglio si rifiutano di accettarlo e di accettarsi così come sono.
Poi entra in gioco spesso anche il nostro sentire di essere indispensabili e che solo noi possiamo fare meglio di chiunque altro, a volte far capire che aiutare non significa solo fare in prima persona ma anche riconoscere i propri limiti e individuare, quindi segnalare qualcuno che possa fare al caso loro.
Quello che voglio dire è che spesso ci facciamo del male da soli quando pensiamo di essere indispensabili e gli unici in grado di sostenere certe situazioni.
Quello che cerco di fare personalmente quando mi sono occupata del mio lavoro, della mia famiglia, delle persone care, è di occuparmi di me facendo quello che più mi dà gioia, serenità, allegria in modo da affrontare con maggiore energia le situazioni più difficili.
Quando le situazioni ci risucchiano energia è anche perchè noi lo permettiamo, quando mostriamo tutta la ns disponibilità sentiamoci a posto, checchè genitori o altri si lamentano ugualmente, non facciamo pure noi comunque lo stesso errore di lamentarci come fanno loro.
E’ sempre la nostra mente che ci aiuta a sollevarci o ad essere sopraffatti dalle difficoltà, il COME percepiamo noi le situazioni fa la differenza; se le percepiamo come delle opportunità di crescita e di evoluzione personale ringraziamo noi per primi di averle ricevute.
Fammi sapere Alba come stai.
Ti abbraccio forte.
Maggy
Mi chiedi gentilmente di farti sapere come sto:
Non bene, cara Maggy, non bene.
Mio padre non appartiene a quella categoria di persone che fa fatica ad accettare l’aiuto dei figli, anzi lo pretende, e da quando è rimasto vedovo ha evidenziato un legame morboso nei miei confronti, che sono la sua unica figlia: vivo in un’altra città, ma vuole che rinunci al mio desiderio di realizzare una famiglia mia, dicendo che è un sogno irrealizzabile alla mia età, e ogni volta che vado a trovarlo, invece di rendersi conto che sacrifico ogni mio weekend per non lasciarlo solo, isolandomi a mia volta, chiede sempre di più, ingelosendosi se solo rispondo a telefono, e quasi impedendomi il lunedì mattina di ripartire.
Quando non me lo impedisce lui, scatta un meccanismo in me, per cui la tensione a cui sono stata sottoposta per 48 ore mi fa svenire, e a quel punto mi ha in pugno: vedi, stai male, dove vuoi andare senza di me?
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Capisco benissimo la situazione di Alba, perchè la mia non è molto diversa , per alcuni aspetti dalla sua…
Come fare per affrancarsi affettivamente dalle persone che ci sono vicine e si aggrappano a noi come fonte di loro vitalità (parlo dei genitori anziani), senza sentirsi sempre in colpa se non li assecondiamo??
Sono comunque consapevole che essere cosi’ legati a loro costituisce un “alibi di non crescita distacco”, cosa che nella mia vita non sono ancora riuscita a fare..
Grazie Maggy, per le tue sempre sagge parole.
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Gentile Dottoressa, ho anche io molti problemi di malattia psicosomatica e non c’e’giorno che non ne abbia una!!! Il problema e’ grande,quando trovo lavoro,finisco sempre per perderlo a causa anche la mia depressione e non ce la faccio a sopportare lo stress da lavoro!!!MA COME DEVO FARE? il mio medico dice che ho le batterie scariche e non ce la fanno a ricaricarsi completamente.Sono infermiera e aiuto volentieri gli altri!!!ma chi aiuta me? IL problema e’ che sono diventata aggressiva con il mio compagno anche per delle piccolezzee cosi’ RISCHIO di perdere anche lui!! ma non riesco a frenarmi e finisco poi con lo stare male a causa dei complessi di colpa. Mi sono anche iscritta in palestra e pratico yoga e tai chi!!!IL tutto per cercare di trovare quella serenita’ che mi manca dentro!! Se vorra’ gentilmente rispondermi, Le saro’ molto grata!!! LAURA DIMENTICAVO HO 50 anni.
wow..sono daccordo con tutto quello che ho letto!ma come faccio a scaricare l’aggressività?non l’ho capito…
prendiamoci le nostre responsabilità. siamo ciò che abbiamo pensato in passato. cambiamo i nostri pensieri e cambieremo. pensieri positivi= corpo e mente positivi. Pensiamoci in salute e lo saremo!Un abbraccio pieno d’amore a tutti
Egregie dottori,
Sono una donna di 40 anni, sposata da dieci con una meraviglia di figlio di 7 anni……e leggendo le premesse di questo articolo mi ci sono specchiata in pieno: vorrei parlare o scrivere le mie sensazioni con qualcuno che può ascoltare e non mettersi a sorridere per le mie malattie immaginarie!!!
Grazie
Silvia
sono una donna di 33 anni. Da ormai tempo immemore soffro di dolori a schiena, collo, braccia, lombi… e chi piu ne ha piu ne metta. Ho avuto la depressione anni fa ed oggi ci sono ricaduta. Purtroppo ho gia punito il mio corpo ben 4 volte, tentando il suicidio. Con il lavoro ho sempre avuto un brutto rapporto e sinceramente non so piu che fare. Visti i dolori che mi porto dietro, per me è molto difficile fare attività sportive, soprattutto pesanti come quelle di auto difesa. Aiutatemi.