Parlano gli artisti di Danzability: ballerini professionisti e diversamente abili
Le note di Nyman della colonna sonora del film Lezioni di piano accompagnano “Scambio di ruoli”, la danza a due di Rita e Selika. Una danza con la carrozzina per disabili. Anni e anni di scuola accademica, di lavoro in compagnie italiane e straniere hanno dato a Rita una tecnica sicura con cui il corpo può scolpirsi facilmente in volteggi ed estensioni. Per Selika, costretta alla sedia a rotelle, ogni movimento, piccolo o grande che sia, diventa “il gesto”.
E dentro c’è tutto: voglia di vivere, di danzare, giocare, comunicare chi sei. C’è tutta la forza e l’intensità di chi ha solo quell’attimo unico per uscire allo scoperto. L’emozione investe Rita. Allora può librarsi leggera, può lasciarsi trasportare, può giocare insieme a Selika e la sedia a rotelle diventa uno strumento con cui, divertite, si scambiano i ruoli.
Così si percepisce che la danza è innanzitutto uno stato interiore, uno stato libero dell’essere. E si perde il conto di chi da e chi riceve. Lo spettatore si lascia cogliere da questo “unicum” che è spettacolo, ma anche comunicazione vera da essere umano a essere umano. «Sembra un paradosso, ma lavorare con i diversamente abili, ha restituito alla mia danza e alla mia vita la curiosità di bambina, il gioco, l’emozione. Può sembrare incredibile, ma è solo in questa esperienza che mi sono accettata pienamente.
Ciò che ho fatto prima è stato come una preparazione per potere incontrare loro.
E trovare loro è incontrare la poesia». Si confessa così Rita Croce, una vita dedicata alla danza e che solo negli ultimi anni la vede educatrice del Centro servizi Santi Pietro e Matteo e insegnante di danza dei diversamente abili nel progetto Danzability. Danzability nasce nel 2004 da una collaborazione tra “Let’s Dance”, il Comune di Reggio Emilia e la cooperativa “Piccolo principe” attraverso i laboratori “Extra time”. Ma loro hanno altre ambizioni.
Così nel 2006 il progetto si evolve in un corso stabile, reso possibile dalla collaborazione del “Let’s Dance” con il Santi Pietro e Matteo. «Non volevamo che fosse solo un’opportunità per gli ospiti – spiega Vittoria Sassi, coordinatrice dell’Ente – ma intendevamo produrre spettacoli veri e propri, per trasmettere il patrimonio artistico ed espressivo dei partecipanti. Essi possono diventare così ambasciatori delle diversità, attraverso quel linguaggio universale che è la danza». I ballerini sono una decina e hanno difficoltà diverse, presenti alla nascita o sopraggiunte.
La maggior parte di loro risiede nella comunità dell’Ente, altri vengono accompagnati dai familiari. Nelle lezioni settimanali non c’è un canovaccio definito. Sì, ci sono le linee guida di Rita e la sua voce autorevole quando non c’è disciplina, ma lo spettacolo nasce e si costruisce rispetto al loro modo di muoversi, di esprimersi. Per Carmela la danza è rilassante, ma anche «ti mette voglia di fare all’amore».
Il ballo è “molto bello” per Fabio, che danza un finto tango su musiche di Mozart e che ha imparato a tenere ben eretta e fiera la testa; ballare è un piacere per Anastasia; Chiara e Alice si spingono oltre: la musica e la danza le fanno “impazzire”. «La musica entra dal cuore e io la rappresento da lì», dichiara Alice. Mary, che accompagna il marito Fabrizio, lo vede trasformato, da quando partecipa al gruppo. «Ma c’è una cosa che mi fa molto male – confessa Mary, fiera ed affettuosa di fianco al marito – devo combattere tutti i giorni con lo sguardo della gente.
Se questi spettacoli venissero visti con occhi diversi, forse il mondo sarebbe migliore». Anche Simona, atelierista dell’Ente, può apprezzare come la musica e la danza trasformi i ragazzi e come l’esperienza riesca a fare superare loro ostacoli e paure. «San Tommaso diceva che la bellezza è lo splendore del vero; una frase così appropriata per queste persone!», sostiene Matteo, che collabora con Rita. Davide è un volontario, ex
allievo di Rita; viene da Bologna ogni settimana «perché mi sono innamorato di questa esperienza e per i rapporti che si sono costruiti con questi ragazzi, che mi hanno aiutato ad avere rispetto dei miei sentimenti e ad esprimere me stesso; loro infatti hanno questa libertà incredibile».
Il gruppo Danzability ha tenuto spettacoli alla Cavallerizza e nelle piazze reggiane del Restate; è stato chiamato in provincia, ma anche a Mantova e Firenze. A Bologna si è classificato primo nel campionato nazionale su sedia a rotelle. Ma vuole andare oltre: vuole partecipare a due concorsi di danza di teatro, ma non per disabili. «Vorremmo essere inseriti in un circuito di assoluta normalità. Il nostro sogno è diventare una compagnia a tutti gli effetti, ed anche essere pagati.
E andare al Valli, che è il simbolo della danza. Questi ragazzi sono da considerarsi artisti a tutti gli effetti, perché sanno comunicare emozioni e i nostri spettacoli hanno sempre una valenza culturale», sostiene Rita. «Dobbiamo liberarci del pietismo – continua – ma c’è invece molto rispetto e dignità nel riconoscere le diverse abilità». «Il progetto si sta autofinanziando – conclude Lia Gallinari, vice presidente del Let’s Dance . ma per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi, abbiamo bisogno di offrire più possibilità a questi ragazzi. E anche per poterne accogliere altri. Per questa ragione stiamo firmando un protocollo d’intesa con l’Istituto, la cooperativa Piccolo principe e il Cip (Comitato italiano paralimpico).
Intorno a loro devono esserci più professionisti, ma anche più volontari, non necessariamente danzatori. Importante è la passione, le competenze si possono costruire in laboratorio».
Per contatti: Vittoria
telefono 0522 533150
La danza è la vita
è in carrozzina e può comunicare solo attraverso il computer
Ed è così che ha risposto alle nostre domande
Selika, cosa è per te la danza?
È la vita.
Ovvero?
La vita è mangiare, dormire, respirare, gioire, piangere, arrabbiarsi, amare, odiare; tutto questo è vita e quindi è danza.
Da quanto tempo danzi?
Da sempre. Come ti ho detto, la vita è una danza, a volte bella, allegra, a volte malinconica, triste. Ma forse volevi sapere da quanto tempo mi è permesso di esternare chi sono, cosa vivo. Da pochi anni, quattro esattamente.
Hai conosciuto qui i tuoi amici?
Non ci sono amici nella danza, come nella vita, ma ci sono compagni di avventura, compagni con i quali condividi certe esperienze in quel determinato momento.
Come ti senti quando balli?
Mi sento viva; forse è l’unico momento in cui, anche chi mi circonda, riesce a capire chi
sono veramente.
Da dove ti vengono i gesti?
Dalla vita quindi, e dalla musica; i miei gesti forse non sono aggraziati, ma sono veri, sentiti.
Continuerai questa esperienza?
Certo, difficilmente mi stanco di qualche cosa, anche perché vorrebbe dire stancarsi di vivere. Io sono condizionata dalla volontà di altre persone e, fino a quando non si stancheranno di accompagnarmi, vorrò ballare; voglio vivere.
Cosa pensi di trasmettere con la danza?
Insieme alla mia insegnante ho creato una coreografia che per me è molto bella e dentro c’è il senso che la vita, bella o brutta che sia, vale comunque la pena di viverla appieno.
“Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà”, è il mio motto. Questo è quello che provo e che voglio trasmettere quando ballo.
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