Bioarchitettura: GREEN BUILDING

VERSO LA NATURALITÀ DELL’EDIFICIO VERTICALE

Gli architetti Tiziano Lera e Stefano Parancola, cultori delle discipline della bio-architettura e del Feng shui coadiuvati da un team di professionisti (ingegneri, agronomi, botanici, geologi, geobiologi,…), stanno mettendo a punto un progetto pilota di edificio verticale ad impatto zero.

Primo nel suo genere, l’edificio di 80 piani, sarà un grande fiore che galleggia sull’acqua e celebrerà la sua danza dell’armonia, il suo matrimonio fra Cielo e Terra nella naturalezza, assorbendo dal cosmo le energie positive poichè avrà un’enorme fontana a lemniscata (dal greco lemnis = fiocco), che ionizzerà il sito e lo proteggerà creando un interscambio fra il micro e il macro alchemicamente perfetto. Sfrutterà la ventilazione naturale, tipo “ termitaio” con grandi pareti verdi per raffrescare, lemniscate (vasche d’acqua a forma di petalo) che rivitalizzano e ionizzano l’aria indoor.

Il sole captato dalle vetrate a sud riscalderà nei mesi invernali e verrà riflesso nei mesi estivi attraverso particolari sistemi di brisoleil (frangisole). L’utilizzo della psicologia del colore, la cromoterapia con la tecnologia a “ Led” in funzione del tempo atmosferico, lo studio di forme sinuose e dinamiche e l’inserimento di materiali sostenibili contribuiranno a rendere armonico, gioioso e vivibile l’intero edificio. Arte, musica e natura saranno i pilastri del progetto.

La gente verrà trasportata dal suono dell’acqua, dai profumi naturali rilasciati dalle piante e dai fiori, affascinata dal canto degli uccelli e dal volo delle farfalle, infine i colori (delle strutture, dei muri e dell’arredo) stimoleranno e calmeranno nei diversi spazi abitativi.

L’edificio verrà schermato da eventuali problemi di elettrosmog e campi radianti dal sottosuolo, invertendo la polarità del ferro (con picchetti polarizzatori) ed utilizzando l’acciaio austenitico per le sue proprietà amagnetiche.

Vento, acqua, vegetazione, radiazione solare, geotermia, energie rinnovabili (fotovoltaico, pannelli solari, vetrages…), studio attento del colore, utilizzo di materiali e tecnologie ecocompatibili e risparmio dell’acqua saranno i must del progetto pilota che verrà presentato il prossimo 5 – 6 ottobre a Hong Kong in occasione del Second International Conference on Scientific Feng shui & Built Environment.
Il Feng shui infatti, nasce in Cina più di 3.000 anni fa, ed ha caratterizzato con i suoi principi: città, monumenti, architetture, giardini ma di riflesso in definitiva le persone che vivono questi luoghi, ritrovando se stessi, ritrovando la città, ritrovando il futuro con un nuovo “qui e ora”.

Stefano Parancola


Un esempio significativo di edificio biosistemico in via di realizzazione
Hotel Versilia Holiday, Forte dei Marmi. arch. Tiziano. Lera ed alii
Prototipo di green building verticale a destra, campanula come ispirazione a sinistra
T. Lera – S. Parancola

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Felicità

Felicità

Una condizione dell’essere

La felicità è uno stato d’animo, una condizione dell’essere. Quindi esistenza e felicità dovrebbero essere addirittura sinonimi.

Allora perché la maggior parte delle persone afferma di non esserlo? Cos’è che ci impedisce di sentirci felici? Paure, insicurezze, pensieri inquietanti sembrano mettere la felicità fuori dalla nostra portata. Ma non è così: la felicità dipende solo dai nostri procedimenti mentali, ovvero dall’uso che facciamo del nostro cervello.

Perché è lì e non nel mondo esterno che si gioca la partita tra felicità e infelicità.

Il cervello è uno strumento che possiamo utilizzare bene o che può ritorcersi contro di noi, partorire grandi cose ma anche produrre solo scarti. Gli scarti della mente cui finiamo per attaccarci, ritrovandoci puntualmente infelici.

Quando il nostro cervello non produce solo scarti, nessun ostacolo si frappone fra il pensiero unico e le sue realizzazioni, e le cose si concretizzano una dopo l’altra molto facilmente. Le realizziamo, le viviamo e andiamo oltre, liberando la mente da ogni ricordo, dubbio o attaccamento.

Solo così il cervello rimane sgombro, lucido, pronto a formulare nuovi progetti senza rimpianti e ad abbandonare ciò che ha già realizzato, evitando di continuare a girare in tondo avvitandosi su se stesso. Questa è la strada dove nasce la felicità.

Quando un monaco buddista costruisce un complesso mandala con la sabbia colorata, ci lavora per giorni con precisione e impegno, dedicandogli tutta la sua attenzione. Poi, quando l’ha terminato, senza alcuna esitazione lo distrugge soffiandoci sopra.

L’ha creato, era perfetto, se ne è liberato.

Per chi lo osserva dall’esterno questa operazione appare incomprensibile: era bellissimo, ha impiegato un sacco di tempo a realizzarlo perché non lo conserva? Perché è passato.

Se lo conservasse, finirebbe con l’ingombrargli la mente: comincerebbe a paragonare tra loro i vari disegni per scoprire sviluppare un mandala ideale, il più perfetto mai realizzato… aprendo le porte all’ansia e all’insoddisfazione.

Ognuno di noi dice: Sarò felice quando… quando avrò la macchina nuova, la casa più bella, la compagna o l’amante ideale, quando incontrerò quale gli è venuto meglio, a

chi mi capirà. E ancora, quando avrò più soldi, quando piacerò di più ai miei amici, quando sarò dimagrito, quando, quando…”.

Possiamo chiamare questo processo “distruzione della gli attaccamenti” o “stare nel presente”… ciò che conta è arrivare a una norma di vita quotidiana. Solo un cervello che opera in questo modo sarà in grado di renderci perfettamente felici, perché realizza ciò che abbiamo pensato e poi se ne libera per lasciare posto a un altro pensiero, senza produrre ristagni di scorie.

L’infelicità è data dalla mente che si perde nei meandri dell’inutile e gira a vuoto su se stessa come un motore lasciato in folle.

Noi siamo infelici perché non vogliamo accettare che la maggior parte delle cose che facciamo è già passata, come se fosse morta.

E anziché lasciarla andare per far spazio a qualcosa di nuovo facciamo di tutto per trattenerla, innescando una pericolosa spirale che ha come unico risultato quello di potenziare gli effetti dell’infelicità. Il pensiero infatti blocca l’azione.

Supponiamo che una persona sia convinta che per sen­tirsi più realizzata dovrebbe cambiare lavoro. Il cervello sa sempre come valorizzare la nostra creativi­tà, basterebbe seguire il suo suggerimento.

Ma poi entra in gioco la mente «Prima però devo pon­derare bene se ne vale la pena»

che intrappola il pro­getto nella sua rete di razionalizzazioni… «Chi mi ga­rantisce che dopo non sarà ancora peggio?». Inevitabilmente le razionalizzazioni innescano il dubbio «Se fallisco diventerò ridicolo» – che ci fa diventare insicuri, rendendoci schiavi del giudizio altrui. A questo punto scattano i falsi obiettivi: «Cambierò lavoro solo quando ne avrò uno superiore alla mia posizione attuale».

Prigioniera di un obiettivo, quella che doveva essere una nuova possibilità di autorealizzazione viene messa in attesa di soddisfazione… «Ripensandoci chi me lo fa fare, dopo tutto come dice il proverbio “chi lascia la strada vecchia per la nuova”… in fondo non sto così male». L’attesa ha reso l’idea ammuffita e l’idea creativa scaturita dal cer¬vello è stata abbandonata.

Dovremmo ricordarci che l’atmosfera desolata è qualcosa che creiamo noi continuamente, chiudendoci nei luoghi comuni, nelle trovato aspettative inutili, nella ricerca di ciò che non ci appartiene Stiamo male perché lottiamo con tutte le nostre forze contro ciò che siamo nel più intimo, contro le risorse che possediamo e che sono lì per farsi scoprire, per essere portate alla luce. Il cervello è stato creato per trasformare immediata­mente ogni impulso in una creazione, nella nascita di qualcosa di nuovo.

Dubbi, incertezze, ambizioni, falsi bisogni, le certezze a cui ci attacchiamo non sono altro che la morte del cervello, scarti che devono essere eliminati perché ostacolano la creatività e impediscono la trasformazione immediata delle idee in azioni, provocando infelicità.

Siamo così legati alle scorie del cervello e facciamo di tutto per tenercele in testa, senza renderci conto che stiamo accuratamente conservando immondizia.

Ridi per essere felice

La saggezza popolare l’ha sempre saputo: ridere fa bene, anzi fa benissimo perché, come dice il proverbio, «Il riso fa buon sangue». Per il buddismo Zen poi, quindici minuti di risate equivalgono a sei ore di meditazione. Del resto la capacità di ridere appartiene solo all’uomo, proprio come la coscienza.

Nessun altro essere vivente le possiede, il che dovrebbe indurci a riflettere sulle relazioni tra queste due facoltà. Il fatto è che l’effetto comico nasce da un’incongruenza, da uno scarto rispetto alla consuetudine, alla normalità, al prevedibile. La risata che ne deriva nasce quindi da una “frattura” del pensiero lineare, il pensiero dell’Io, che improvvisamente perde consistenza davanti all’irruzione di un elemento imprevisto.

In altre parole, la risata cambia i piani di riferimento della realtà, facendoci vedere le cose da una prospettiva diversa. Questo allarga la nostra coscienza, cambia l’atteggiamento mentale. La consueta mappa mentale che attraverso la routine della vita, i traumi e i dispiaceri si era formata in noi, viene dissolta dal comico; attraverso la risata, cambia colore, dimensione, suono.

Dopo Patch Adams, la terapia del riso si è diffusa un po’ ovunque nel mondo, come al “St. Joseph HospitaV di Houston, dove le suore raccontano barzellette ai pazienti o al “Marcus Mc Causland” in Sud Africa, dove viene proposta la comicoterapia con nastri video, audio, libri e spettacoli.

Perciò se vi sentite tristi oppure infelici, invece di prendere una pillola provate a ridere di gusto… vi sentirete più leggeri e, insieme al torace, anche la vostra visione del mondo si allargherà.

Alcuni scienziati poi hanno scoperto che i muscoli messi in gioco per assumere un’espressione triste o corrucciata, sono molto più numerosi di quelli necessari per farsi una bella risata. Per sua natura quindi, l’uomo sarebbe più portato a ridere che a essere crucciato.

Tutti noi, infatti, nasciamo con una naturale tendenza all’allegria, al gioco e alla felicità: basta guardare un bambino piccolo per convincersene – tutto lo diverte, tutto lo fa ridere e osservandolo siamo irresistibilmente spinti a sorridere con lui.

Tuttavia, più diventiamo adulti, più questa naturale inclinazione si offusca, per essere sostituita dall’ansia, dalla depressione e dalla paura… fino a rinchiuderci in una gabbia di infelicità.

Eppure basterebbe fare appello alla nostra capacità unica di ridere per romperne le sbarre… e la saggia intuizione dei proverbi sul riso ha ormai trovato ampie conferme scientifiche. iniziativa a fornire risultati.

Il primo a sperimentare le qualità curative del ridere, sul piano fisico come su quello psicologico, è stato Hun ter Adams, un medico americano divenuto famoso con il nome di “Patch” Adams, considerato l’inventore della comicoterapia.

Patch decise di diventare medico quando, ancora adolescente, venne ricoverato in un istituto per malattie mentali perché soffriva di crisi depressive, ma frequentando l’università si rese conto ben presto che gli studenti erano sistematicamente incoraggiati a mantenersi distaccati dai propri pazienti, a concentrarsi solo sulla loro malattia.

Dopo la laurea fondò quindi una clinica privata, il “Cesundheit Institute”, in cui mise in pratica un metodo rivoluzionario di approccio al malato: «Ho sempre pensato che fosse strano e triste il fatto che le persone non abbiano alcun problema a comportarsi in modo rabbioso o burbero, ma che siano imbarazzate dal dover mo strare sentimenti positivi… sappiamo tutti quanto sia importante l’amore, eppure, con quale frequenza viene provato o manifestato veramente? 1 mali che affliggono la maggior parte dei malati, come la sofferenza, la noia e la paura, non possono essere curati con una pillola».

Così scrive Patch in un suo libro, illustrando i motivi delle sue strane prescrizioni umoristiche, dei travestimenti da clown o da gorilla, delle stanze piene di palloncini o di una vasca da bagno colma di tagliatelle: tutto per strappare un sorriso, per instaurare un contatto emotivo con un paziente e rompere il suo schema mentale di “malato” facendolo scoppiare in una risata.

All’inizio la sua clinica poco ortodossa suscitò una certa resistenza nell’opinione pubblica, ma col tempo sia i media che gli ambienti medici hanno cominciato a prestargli una grande attenzione e le ricerche nate dalla sua

Di recente, per esempio, una ricerca scientifica presentata all’ “American College of Cardiology” di Orlando, in Florida, ha confermato che ridere fa bene al cuore. Anzi, la risata è un vero e proprio farmaco: una somministrazione di quindici minuti al giorno migliora la circolazione del sangue e previene le malattie cardiovascolari. E senza alcun effetto collaterale!

Inoltre una risata ristruttura l’intero organismo: oltre all’effetto rilassante generale, allarga il torace e il respiro, facilita la digestione e ha anche un importante effetto antidolorifico.

In più, ridere stimola il sistema neuroendocrino a rilasciare beta-endorfine, neurotrasmettitori che innalzano il tono del sistema immunitario.

È ormai accertato, infatti, che molti problemi di salute sono collegati allo stress, alle emozioni negative, alla depressione, alla paura.

La felicità è lì, nell’Essere, senza il ricordo di avvenimenti e immagini del passato che il filtro della memoria ha deformato.

Solo così puoi essere davvero spensierato.

Il segreto della felicità sta in piccole cose: nell’imparare a vivere l’istante, nell’essere aperti alla vita, indipendenti dagli altri ecc. La felicità si presenta soprattutto nell’azione, quando non lasciamo posto ai pensieri, alle rimuginazioni.

Vediamo qui di seguito alcuni semplici atteggiamenti che ci aiuteranno a essere più felici.

  • Agisci rapidamente

È importante tradurre ogni idea in azione, per impedire che il pensiero si ripieghi su se stesso e si fossilizzi.

  • Scelte aperte

Lascia che in te coesistano sempre due stati opposti.

Se non ti imponi una scelta a tutti costi, scoprirai che possono accaderti cose non previste, presentarsi possi¬bilità che non conoscevi.

  • Rinasci ogni giorno

Ogni mattina, quando ti svegli, prova a pensare che sei rinato bambino.

Come capita spesso alle donne che, dopo aver tentato inutilmente per anni di avere un figlio, rimangono incinte quando smettono di pensarci…

  • Risolvere un problema a tutti i costi

Quando ti accor¬gi che stai forzando fermati. La soluzione del proble¬ma potrebbe stare dietro un’altra porta.

  • Giudicare

Non dire questo è giusto, questo è sbaglia¬to… Limitati a guardare la realtà come se fosse un film a cui assistiti. Accogli il dolore ma non giudicarti.

  • Rimuginare sul passato

Rimuginare continuamente su rimpianti e rancori intasa il cervello e ci priva della possibilità di desiderare qualcosa di nuovo, di vivere il presente e di essere felici. Se ci fissiamo al passato e alla nostra storia non riusciamo ad andare oltre. Ma il passato non esiste più, la storia appartiene a un tempo su cui non abbiamo più alcun potere.

(Tratto da il Dizionario della felicità – RIZA – Raffaele Morelli)