Dibattito sul Karma

Jodorowsky e Buddhismo: dibattito sul Karma

«L’Universo è un corpo in espansione. In questo mondo chi non cambia retrocede. Quello che io voglio è una rottura, un’interruzione degli atti ripetitivi. I pensieri di tipo maniacale, i sentimenti folli e fissi, le azioni cosiddette tradizionali, i limiti imposti da una religione mal interpretata, la vita controllata dalle industrie. Tutte queste cose sono fisse, mentre il futuro ci richiede uno sviluppo della coscienza. Io non credo nella rivoluzione, credo nella mutazione, nella ri-evoluzione poetica».

Alejandro Jodorowsky sorprende e incanta in ogni situazione. Queste parole sono un piccolo estratto di una lunga intervista che ci aveva gentilmente rilasciato a Milano. Le abbiamo scelte come incipit di questo scritto, poiché sembrano essere antesignane di un dibattito che Jodo (come è affettuosamente chiamato dagli estimatori) avrebbe tenuto mesi dopo, a Firenze, incentrato sul tema del Karma. L’incontro, tenutosi l’8 marzo 2009, rientrava in un programma seminariale di due giorni organizzato dal dott. Alessandro Lampugnale, professionista nel campo dello sviluppo dei potenziali umani e della strategia d’impresa, e dall’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, fra i centri più importanti del Buddhismo Mahayana in Europa.

L’evento ha visto la partecipazione di Lama Ghesce Tenzin Tenphel, dal 1998 maestro residente dell’Istituto. Il dibattito è stato animato dal confronto di due visioni apparentemente opposte e differenti, ma che in realtà hanno la stessa meta: la felicità e l’evoluzione dell’uomo.
Jodo, essendo un artista e un poeta mistico, ha voluto precisare come ogni sua frase e ogni suo gesto siano la diretta conseguenza di ciò che ha sperimentato nella sua lunga, intensa esistenza, meravigliosamente descritta nel libro “La danza della realtà”.

Attingendo alla sua esperienza, come regista, attore, drammaturgo, autore di pantomime, artefice del movimento panico (con Fernando Arrabal e Roland Topor) e ideatore poi della psicomagia e della psicogenealogia, afferma: «Ciò che accade oggi è la ripetizione del passato, dei condizionamenti familiari e sociali. Noi siamo esseri con un progetto che viene dal futuro. La virtù è seguire e obbedire ai richiami di questo progetto».

Un pensiero, raccolto durante il dibattito, che non stupisce. Per chi segue da anni le sue attività, sa che opera artistica per lui significa “creare coscienza, presa di coscienza, passare dal livello inconscio a un maggior grado di consapevolezza fino ad arrivare a un’enorme coscienza”. Questo processo è un filo conduttore che lega i suoi lavori e costituisce la base della sua filosofia e pratica di vita.

Lama Ghesce Tenzin Tenphel ha ricordato che il potenziale del karma si amplia col tempo. Le azioni negative generano sempre sofferenza, mentre le azioni positive producono felicità. «Siamo noi gli artefici delle azioni, attraverso il corpo, la mente e la voce, e possiamo generare azioni virtuose o non virtuose. È quindi importante capire come reagisce la nostra mente di fronte alle situazioni della vita. È importante conoscere noi stessi. Se non conosciamo noi stessi, gli altri non possono conoscerci».

Entrambi, seppur da angolazioni diverse − da un lato, dalla prospettiva buddhista, dall’altro, da una filosofia mistico-surrealista-alchemica − invitano gli esseri a guardarsi interiormente, a meditare su se stessi in connessione con l’energia cosmica, a comprendere i lati oscuri e solari dell’anima e a iniziare un cammino evolutivo individuale, ma che per riflesso si estende e si propaga agli altri.

Il seminario è stata un’occasione per ripercorrere non solo alcuni punti essenziali dell’arte di Jodorowsky e specifici insegnamenti del buddhismo tibetano, ma anche per aiutare la ricostruzione della nuova sala di meditazione dell’Istituto. I partecipanti infatti hanno sostenuto con la loro presenza e con il loro contributo, a raccogliere proventi destinati al restauro dell’ala demolita dal devastante incendio, avvenuto poco dopo l’alba del 26 dicembre 2008. Il rogo ha distrutto completamente il gompa principale, la grande sala di meditazione, volatilizzando per sempre nell’aria oggetti di inestimabile valore: antichi libri, preziosi testi tibetani (alcuni offerti in dono dall’attuale Dalai Lama, ospite del centro in quattro diverse occasioni), statue, l’altare, e tangke.

Il grande Maestro tibetano Dagri Rinpoce, nato in Tibet nel 1958 e fuggito in India nel 1982, insegnante di filosofia e di altre discipline, nonché saperi buddhisti, ha evidenziato: «Ciò che è accaduto va considerato come l’annientamento di quegli intralci alla pace e all’unità delle forze positive».
La ricostruzione comporterà un notevole dispendio di energie e denaro.

Chi volesse manifestare la propria solidarietà, inviando un sostegno concreto, può contattare la Direzione dell’Istituto Lama Tzong Khapa (e-mail: info@iltk.it).
È stato inoltre aperto un conto corrente, dove devolvere piccole o grandi somme. Per maggiori dettagli, segnaliamo il sito dell’Istituto: http://www.iltk.it

Silvia Turrin  http://www.auraweb.it/articolo_benessere.asp?cid=24&aid=1859

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Il Silenzio

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Il silenzio

Da ” Purificazione della Mente” di Hazrat Inayat Khan

Vi è un detto: ” Le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio “.

Questo detto risulta sempre profondamente vero. Più ne capiamo il significato, più realizziamo questa verità. Quante volte durante il giorno ci capita di dire qualcosa che sarebbe stato meglio tacere! Quante volte disturbiamo la pace del nostro ambiente con una involontaria mancanza di silenzio. Quante volte riveliamo le nostre limitazioni, la nostre meschinità, la nostra grettezza, che avremmo potuto nascondere, se solo avessimo taciuto! Quante volte, benchè desiderosi di rispettare gli altri, non riusciamo a farlo, perchè non sappiamo tacere. Per un uomo che vive in questo mondo un grande pericolo sta in agguato, il pericolo di confidarsi con una persona, con la quale non voleva confidarsi. Corriamo questo pericolo non sapendo tacere. Un grande interprete della vita, il poeta persiano Sa’di dice: “Che valore ha il buon senso, se non viene in mio soccorso prima che io pronunzi una parola! ” Questo ci dimostra che malgrado la nostra saggezza, possiamo fare uno sbaglio, se non abbiamo un buon controllo nelle parole che usiamo. Di questa verità troviamo facilmente degli esempi: coloro che parlano molto, hanno minor potere di coloro che parlano poco. Una persona loquace può non essere in grado di esprimere un’idea in mille parole, mentre chi è padrone del silenzio, sa esprimersi con una sola parola. Tutti possono parlare, ma non tutte le parole hanno la stessa potenza. Inoltre, una parola dice meno di quanto sappia esprimere il silenzio. La nota fondamentale di una vita armoniosa è il silenzio.

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Nella vita di ogni giorno esistono preoccupazioni a cui non sempre possiamo far fronte e allora solo il silenzio può aiutarci. Poiché, se vi è una religione, se vi è un modo per mettere in pratica la religione, è quello di compiacere Dio, compiacendo l’uomo. L’essenza della religione è di capire il prossimo. E non possiamo vivere questa religione se non dominiamo la parola – e se non ci rendiamo conto del potere del silenzio. Spesso ci sentiamo di aver ferito un amico; avremmo potuto evitarlo, con un maggior controllo sulle parole. Il silenzio è lo scudo degli ignoranti e la protezione dei saggi. Perché l’ignorante cela la sua ignoranza col tacere, e il saggio non getta le perle ai porci, se conosce il valore del silenzio. Che cosa ci dà potere sulle parole? Che cosa ci dà questa forza, che può essere ottenuta col silenzio? La risposta è: la forza di volontà; e ancora: è il silenzio che ci dà il potere del silenzio. Quando una persona parla troppo, dà segno di irrequietezza. Più parole vengono usate per esprimere un’idea, meno forza hanno. È un vero peccato che si pensi cosi spesso a risparmiare i centesimi e mai a risparmiare le parole. E come conservare ciottoli e gettare via perle. Un poeta indiano dice: “Conchiglia, da dove viene il tuo prezioso contenuto? Dal silenzio; per anni e anni le mie labbra son rimaste chiuse “. Per un po’ di tempo, si lotta con se stessi; si cerca di controllare gli impulsi; poi però, la stessa cosa si trasforma in forza. Veniamo ora alla spiegazione più scientifica e metafisica del silenzio. Le parole consumano un certo quantitativo di energia e il respiro, che dovrebbe portare nuova vitalità al corpo, viene ostacolato nel suo ritmo normale, se si parla costantemente. Non è che una persona nervosa parli troppo; è il parlare tanto che la innervosisce. Da dove viene il grande potere dimostrato da fachiri e da yogin? Dall’aver imparato a praticare l’arte del silenzio. Questa è la ragione per cui nell’est, nelle case e nelle corti in cui i fachiri meditavano,vi era silenzio. Certe volte diverse civiltà del mondo, veniva insegnato alla gente, quando si riuniva per festeggiare, di tacere, per un po’ di tempo. È molto triste che questo problema attualmente sia cosi trascurato e che pochi ci pensino. È un problema che riguarda la salute, che tocca l’anima, lo spirito, la vita. Più pensiamo a questo argomento e più ci accorgiamo di essere continuamente coinvolti in qualche attività. Dove ci porta ciò, quale ne sarà l’esito? Per quanto possiamo vedere, ci porti battaglie, rivalità e situazioni sempre più aspre. Visti i risultati, constatiamo che tutto ciò non fa che procurarci maggiori preoccupazioni, fastidi e lotte. Vi è un detto indù: “Più si cerca la felicità, più infelicità si trova “. La ragione è che quando la felicità viene cercata in direzione errata, ci si procura infelicità. La nostra esperienza è sufficiente a farcelo capire; ma la vita ci stordisce, le azioni ci assorbono e non ci fermiamo mai a pensarci. Pare che il mondo si stia svegliando agli ideali spirituali; tuttavia vi è più attività – non solo attività esterna – ma anche attività mentale. Veramente l’umanità ha i nervi a pezzi per la mancanza di silenzio e per la superattività, del corpo e della mente. Quando il corpo riposa, l’uomo dice che dorme. La sua mente però continua ad agire, come di giorno. In questo mondo competitivo, l’uomo è cento volte più indaffarato di quanto lo sia mai stato prima. Naturalmente egli necessita di più riposo, quiete e pace, che non una persona che vive nella foresta e che ha tempo a disposizione. Quando l’attività cresce a tal punto e si perde l’arte del silenzio, che cosa ci si può aspettare? Dove imparare il raccoglimento? Nel silenzio. Dove praticare la pazienza? Nel silenzio, Il silenzio praticato durante la meditazione è ancora un’altra cosa.

silenzio1Silenzio significa che dovremmo badare a ogni parola e a ogni azione che facciamo: questa è la prima lezione. Ogni persona veramente meditativa, ha imparato a servirsi del silenzio, naturalmente, nella vita di ogni giorno. Chi ha imparato il silenzio nella vita di ogni giorno, ha già imparato a meditare. Una persona può riservare mezz’ora al giorno per la meditazione, ma quando, di fronte a mezz’ora al giorno per la meditazione, ve ne sono dodici o quindici di attività, l’attività priva di forza la meditazione. Quindi le due cose devono camminare insieme. Una persona che desidera imparare l’arte del silenzio deve decidere, per quanto lavoro abbia da fare, di conservare nella mente il pensiero del silenzio. Se non si tiene conto di questo, non si raggiungerà mai il pieno beneficio della meditazione. È come una persona che va in chiesa una volta alla settimana e negli altri sei giorni tiene i propri pensieri il più lontano possibile dalla chiesa. A un re persiano, molto pio, il primo ministro chiese: ” Voi meditate gran parte della notte e lavorate tutto il giorno. Come è possibile? “. E lo Shah disse: ” Durante la notte sono io che inseguo Dio, durante il giorno è Dio che mi segue “. La stessa cosa avviene col silenzio: chi cerca il silenzio, sarà cercato dal silenzio. Ed è cosi con tutte le cose che desideriamo: se le cerchiamo abbastanza, esse, col tempo, ci seguono da sole. Ci sono molte persone che poco si curano di fare del male a qualcuno, se sono convinte di dire la verità. Si sentono giustificate e non badano se l’altro piange o ride. Vi è comunque una differenza tra la verità e il fatto puro e semplice. Il fatto è ciò di cui si può parlare – la verità ciò che non può essere tradotto in parole. La pretesa di ” dire la verità ” cade da sola, quando ci si rende conto della differenza che ce tra fatto e verità. La gente discute di dogmi, di credenze, di principi morali, in base alle proprie nozioni. Ma arriva un momento, nella vita di un uomo, in cui tocca la verità, ma non sa trovare le parole adatte a esprimerla e tutte le discussioni, le dispute e le argomentazioni crollano. In quel momento egli dice: ” Non importa chi ha sbagliato, tu o io. Ora desidero soltanto correggere il torto “. Giunge anche il tempo, in cui le continue domande che uno fa a se stesso, su questo e su quello, si esauriscono, poiché la risposta sorge dall’anima ed è ricevuta in silenzio. La tendenza generale dell’uomo è quella di ascoltare tutto ciò che giunge da fuori – e non è solo l’orecchio ad essere aperto al mondo esterno, all’orecchio è attaccato il cuore. Il cuore che ascolta le voci provenienti dal mondo esterno dovrebbe voltargli le spalle e attendere pazientemente fino a quando non riuscirà a udire le voci che giungono dall’interno. Vi è una voce udibile e una voce non udibile, di coloro che vivono e di coloro che non vivono, di tutta la vita. Ciò che l’uomo riesce a esprimere in parole, dice poco. Si può forse parlare di gratitudine, di evoluzione, di ammirazione? Giammai, perché le parole saranno sempre inadeguate. Ogni sentimento profondo ha una voce propria: non può venir espresso con parole esterne. Questa voce arriva da ogni anima – ogni anima può essere udita solo dal cuore. E come si prepara il cuore? Col silenzio. Non deve sorprenderci che alcune persone hanno cercato la foresta e la montagna, che hanno preferito le regioni impervie agli agi della vita mondana. Esse hanno cercato qualcosa di prezioso. Inoltre, esse hanno trasmesso in parte l’esperienza raggiunta col loro sacrificio. Ma non è necessario seguirli nella foresta o nelle grotte di montagna. L’arte del silenzio si può imparare ovunque: in tutta la vita, per quanto impegnati, si può mantenere il silenzio. Il silenzio è qualcosa che – consciamente o inconsciamente cerchiamo in ogni momento della vita. Cerchiamo il silenzio e lo fuggiamo, nello stesso tempo. Dove si ascolta la parola di Dio? Nel silenzio. I veggenti, i santi, i saggi, i profeti, i maestri hanno udito la voce che viene dall’interno, avendo reso se stessi silenziosi. Con ciò non voglio dire che si potrà udire la voce; perché si è silenziosi. Intendo dire che, una volta che si è raggiunto il silenzio, ci sarà la possibilità di udire la parola che giunge costantemente dall’interno. Quando la mente è stata acquietata, si può comunicare con chiunque si incontri. Non c’è bisogno di molte parole; quando gli sguardi s’incontrano, ci si capisce. Due persone possono parlare e discutere per tutta la vita e non capirsi; altre due, se hanno acquietata la mente, si guardano e in un momento tra loro il contatto è stabilito. Da dove provengono le differenze che ci sono tra le persone? Dall’interno. Dalla loro attività. E da dove l’armonia? Dalla quiete della mente. È il rumore, che ostacola la voce, che udiamo distante – è l’acqua agitata della sorgente, che ci impedisce di vedere la nostra immagine riflessa nell’acqua. Quando l’acqua è quieta, il riflesso è chiaro; quando la nostra atmosfera è quieta, udiamo la voce che giunge costantemente al cuore di ogni persona. Cerchiamo consiglio, cerchiamo la verità, cerchiamo il mistero. Il mistero è dentro di noi, i consigli, la guida è nella nostra anima. Spesso s’incontra una persona, il cui contatto rende inquieti, nervosi. La ragione è che questa persona non è riposante, non è tranquilla – e non è facile rimanere calmi e conservare la propria tranquillità in presenza di chi è agitato o inquieto. L’insegnamento di Cristo: ” Non resistere al male “, significa: ” Non reagire alle condizioni turbate di una persona agitata “. Sarebbe come afferrare un fuoco, che ci brucerà. La via per sviluppare – in noi stessi – il potere di resistere a tutte le influenze perturbatrici che incontriamo nella vita di ogni giorno, è di acquietarsi, per mezzo della concentrazione. La nostra mente è come una barca mossa dalle onde e influenzata dal vento. Le onde sono le nostre stesse emozioni e le nostre passioni, i pensieri e le immagini; il vento è l’influenza esterna, a cui dobbiamo far fronte. Per poter arrestare la barca, bisognerebbe avere un’ancora. Fermiamoci un momento a considerare quest’ancora: se è troppo pesante, fermerà la barca; se è leggera, la barca continuerà a muoversi, non si arrestera, perché in parte è nell’acqua e in parte nell’aria. In questo modo, tuttavia ci limitiamo a controllare la barca: utilizzarla è ben altra cosa. La barca non è fatta per rimanere immobile; è fatta per uno scopo. Sembra che non tutti se ne rendano conto, ma la barca è fatta per andare da un porto all’altro. Perché la barca possa navigare ci vogliono varie condizioni: per esempio, che non sia sovraccarica. Cosi il nostro cuore non va caricato troppo pesantemente, con le cose  cui ci atracchiamo; altrimenti la barca non galleggerà. La barca non deve restare sempre nello stesso porto, deve arrivare al porto a cui era destinata. Inoltre, la barca deve reagire al vento, che la porterà nel porto cui era diretta: questa è la sensazione che l’anima riceve dal lato spirituale della vita. Questa sensazione, questo vento, ci aiuta a proseguire verso il porto, al quale tutti siamo destinati. Una volta concentrata, la mente dovrebbe agire come la bussola – che indica sempre la stessa direzione. Un uomo i cui interessi vanno in mille direzioni diverse, non è maturo per viaggiare in questa barca. E’ l’uomo che ha una cosa sola in mente e che considera tutte le altre cose secondarie, che può andare da questo porto verso l’altro. Questo è il cammino chiamato misticismo.

http://www.movimentosufi.com

Il Malato Immaginario: Chi è Gabriella?

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Intervista a Gabriella Mereu


Sonmereu2o medico, laureata in medicina e chirurgia, odontoiatra, omeopata e anche grafologa ed ho fatto una ricerca per 20 anni che mi ha portato a capire che il paziente semplicemente si cura da solo.

Benissimo, abbiamo capito che siamo davanti ad un medico ufficiale, anche se ufficiale non è il termine più appropriato, omeopata nonché grafologa.
So che hai scritto un libro, che ho trovato molto interessante, la “terapia verbale” ovvero la medicina della consapevolezza, ci puoi spiegare cos’è la terapia verbale?

La terapia verbale è una terapia omeopatica, verbale, che cura il male con lo stesso male: cioè il paziente quando esprime la sua malattia usa inconsciamente un linguaggio poetico e metaforico collettivo che io chiamo ‘pazientese” che si compone di proverbi, modi di dire, filastrocche etc..
Una volta che ho capito cosa mi vuol dire, rispondo con una battuta che abbia un alto contenuto emozionale, in cui spiego il motivo della sua malattia e il paziente ha una reazione: se ride, piange, entra in trance o si arrabbia significa che è quasi sempre guarito dal sintomo.

Quindi tu definisci questo come omeopatia verbale.. Sappiamo che l’omeopatia esiste da tanti anni e usa curare le malattie con il simile… sbaglio?
Quindi secondo te si può capire la malattia di una persona da come si esprime…

Esatto, a me non interessano analisi o altro, solo il modo di esprimersi delle persone aiuta la mia terapia, che non c’entra niente con la scienza… è solamente arte.

Tu affermi nel tuo libro che la vita è una commedia e la malattia è una metafora che le persone usano per manifestare il proprio disagio… ma questa metafora, serve a nascondere il disagio o a manifestarlo?
La malattia arriva da una bugia passiva, è data da uno schema che costringe l’anima. Cioè nasce un conflitto di pensiero con la propria anima. Può essere stato inculcato da qualcuno anche nella notte dei tempi o essere già nel DNA, ma l’anima non può essere presa in giro e lo rifiuta, così si manifesta la malattia.

Malattia come disagio dell’anima quindi?
Esatto

Cosa mi dici riguardo al condizionamento che le religioni esercitano sulle masse?
La religione è stata inventata per dividere le masse, sono manovre politiche usate soprattutto per dividere i sessi. A causa di tutte le religioni c’è la donna sessuale o la donna vergine, questo è il motivo principale delle discordanze fra i sessi, dalla pornografia alla masturbazione, che cementa le perversioni.

Quindi tutto nasce dalla divisione? Effettivamente la religione da 2.000 anni divide il femminile dal maschile..
Esatto con la divisione cresce il potere, la divisione crea lo schiavo e il tiranno, non c’è mai amore.
La nostra anima non cerca questo, cerca solo Amore. La malattia è il risultato.

Di tiranni ognuno di noi ne ha qualcuno nella propria vita, dal datore di lavoro al compagno…
Il tiranno è quindi chiunque voglia esercitare del potere su di te?

Sì, può essere il marito, o la moglie..

Sulla tua lunga esperienza nel campo, quanti problemi di condizionamento dell’anima arrivano dalla castrazione che deriva dalla religione?
Tutte. Ci sono in tutti i casi manipolazioni del sesso e quindi castrazioni. Le persone così sono malate dentro, e non lo sanno, fino a che la malattia non si manifesta.

Come si può uscire da queste castrazioni?
Prendendo coscienza, cambiando i sistemi.

mereu1Hai mai avuto problemi con gli amici o colleghi della tua città per le idee che stai portando avanti?
Sì, con tutti.

Sei stata messa da parte? Perché loro sono all’interno di un sistema?
Perché la verità è indecente e pericolosa. In maniera molto semplice.

Inoltre la verità che sveli sarebbe alla portata di tutti e molto economica…
Esatto, possono farlo tutti coloro che hanno spirito.

Si può uscire da questo sistema?
Sì, certo, coltivate il vostro piacere, anche se peccaminoso. Questo vi salverà dalla malattia.

Cos’è questo piacere?
L’amore è stato disgiunto dal piacere, questo è l’errore. Non si può amare quello che non ci piace.
Se amiamo tutto quello che ci piace, dal lavoro all’amico alla mamma, siamo tutti salvi.
Praticamente è la divisione che ci fa ammalare.

Quindi c’è un piano di divisione ben mirato che ci viene imposto per colpire le coscienze delle persone?
Si, questa è la semplice verità. Se c’è qualcosa di complicato e incomprensibile non deve preoccuparci. La verità è semplice.

Bene Gabriella, sei stata chiara… quindi dobbiamo cercare il piacere a 360 gradi, non solo sessuale ma in tutto ciò che facciamo, nelle cose più semplici.
Sì, il piacere non si trova nelle complicazioni, ma nelle cose semplici.


Alcuni casi a-clinici

Della serie: “Ecco, finalmente l’ho detto!”oppure “Ecco, finalmente l’ho fatto!”
Alla base di questo metodo, si trova un’indagine rigorosa quanto immediata – l’immediatezza della sperimentazione – sulla radice del malessere fisico. Se spiegata linearmente e con logica la cosa non potrebbe funzionare. Ciò che funziona è l’effetto “cortocircuito” (effetto choc) che per un momento fa cadere tutte le razionalizzazioni sulle nostre “importantissime” malattie.

Uno dei casi recenti, raccontato da Gabriella:
“Si presenta una paziente con dei calcoli salivari. Non so niente del suo lavoro.
Appena mi espone il problema sbotto dicendo: “Signora mia, ma lei quanti calcoli fa durante il giorno?”. Lei pronta risponde: “Tanti davvero, lavoro come ragioniera in un poliambulatorio!”
In quel preciso istante ride, sente un gran calore sul viso e nel giro di una settimana i calcoli, sciogliendosi, vengono espulsi”.

Un’altra paziente racconta di essere guarita grazie alla lettura del libro stesso. La consapevolezza dell’origine del suo disturbo – un inizio di sclerosi a placche – è stata sollecitata dagli esempi citati nella piccola pubblicazione.
La paziente deve rinunciare al suo amore per l’attività fisica (amante dello sport e appassionata escursionista). Soffre infatti di tremore con conseguente indebolimento delle fasce muscolari, sta rischiando seriamente la paralisi alle gambe. Inoltre essendo figlia di genitori separati ha fatto voto di non separarsi mai.
Spazientita dall’allopatia conosce altre terapie alternative, tra cui l’opportunità di meditare (osservazione del respiro) sotto una piramide. E’ durante uno di questi momenti introspettivi che si trova, improvvisamente, a sostenere un monologo interiore: “ Perché tremi?” “Perché ho paura”. “Di che?”. “Ho paura di perdere il contatto con la terra…”. “Paura di che cosa?” “Di allontanarmi (vedi separarmi) da mio marito”.
Ecco, l’ho detto! L’innominabile!

Di seguito si separa dal marito, riacquista tutta la forza muscolare e, ovviamente, decide di conoscere più da vicino la D.ssa Mereu.

In certi casi si tratta di: Ecco, l’ho fatto! Ciò che mai e poi mai andrebbe fatto! Come nel caso di: prendere un preservativo, metterci dentro una medaglietta della Madonna, inserire il tutto in vagina e andare a fare la comunione senza confessarsi. Al ritorno, seppellire “il reperto” in un vaso di fiori.
In questo modo Gabriella sostiene di aver guarito molti casi di cisti ovariche, fibromi e svariati disturbi a carico del sistema riproduttivo femminile. “E non si dica che ci si astenga dal dovere di riprodurre per godere! Guardate in quanti modi siamo in grado di moltiplicare la vita (oltre a quelli già citati: polipi, aderenze, tumori…)!” Ammicca Gabriella Mereu.

da http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo.php?id=21571

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La Terapia Verbale – DVD

Le nostre parole spiegano le nostre malattie

Anteprima video

Macro Edizioni

La dottoressa Mereu, ormai famosa in tutta Italia per la sua ricerca, presenta la sua tecnica d’interpretazione del sintomo: “la terapia verbale”. I suoi studi dimostrano come il malato stesso parlando dei propri disturbi rivela sotto forma di metafora il conflitto che l’ha portato alla malattia.

La mimica, le espressioni figurate, i modi di dire, la grafia, sono indicazioni preziose per svelare i propri sintomi. Imparando a decodificare le metafore, il paziente può risalire all’origine dei blocchi mentali e quindi arrivare alla guarigione.

Questo video fornisce gli strumenti di consapevolezza per essere più vigili e attenti agli indizi che il corpo ci offre. A tutti coloro che sono stanchi di soffrire, a tutte le persone sensibili che stanno cercando la strada della loro evoluzione che conduce anche alla salute e al piacere.

Lo trovi su Macrolibrarsi



Gabriella Mereu

La Malattia: la Trappola dell’Eros

Il frasario Mereu. Una terapia erotica

Gabriella Mereu

“Chi perde il contatto con l’eros che è l’amore, il piacere, l’unione, la libertà, perde la capacità di sentire l’altro, perde il senso di tutto ciò che fa, rimane un bambino che baratta la sua passione, che è il suo motore, in cambio della considerazione e della protezione del gregge, cadendo così sotto il potere dell’ Ipnotizzatore…. nella sua pazzia è portato ad ammalarsi”.

Lo trovi su Macrolibrarsi



Gabriella Mereu

La Terapia Verbale – La Medicina della Consapevolezza

Gabriella Mereu
La mimica, le espressioni figurate, i modi di dire, la grafia sono tutte indicazioni da cui si possono trarre utili indicazioni per individuare i blocchi mentali ed emozionali all’origine di numerosi disturbi come ad esempio un mal di testa che ci costringe a chiudere un occhio… per non vedere la moglie civettuola.

Prefazione del libro “La Medicina della Consapevolezza” di Gabriella Mereu

Un giorno, durante una visita omeopatica ad un paziente che non riuscivo a curare dalla sua allergia, mi venne un’idea: pensai, se l’omeopatia non è un rimedio ma un principio, io allora questo principio potrei usarlo anche solo verbalmente.

Cioè, se come ho tante volte constatato durante la mia esperienza di medico omeopata, la malattia è sempre, o quasi, di origine psicosomatica, io potrei applicare la legge dei simili (curare il male con lo stesso male), che è alla base della medicina omeopatica, non con un preparato omeopatico, ma con le parole.

Avevo altresì imparato che la malattia è un’espressione che non fa altro che rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale, che ha portato alla malattia stessa.
A questo punto pensai che avrei potuto fare omeopatia verbale se, sciogliendo la metafora, avessi detto al paziente quale era il male morale che lo aveva portato alla malattia.

Per poter sciogliere la metafora bisogna avere doti e conoscenze analogiche. Io ho la fortuna di averle, perché, essendo grafologa, da diciassette anni riesco a ricavare il carattere di una persona leggendone e interpretandone la scrittura. La grafologia è, infatti, una scienza che si applica su basi analogiche.
Quel primo paziente di cui ho appena parlato e che aveva una strana allergia alle arance lo curai, infatti, sciogliendo una metafora. Da allora (è successo nel 1996) curo quasi solamente così dolori di tutti i tipi: vertigini, parestesie, emorragie, diarree, verruche e altre eruzioni cutanee, rivelando il significato della malattia-espressione-metafora.

Questa espressione-metafora me la rivela lo stesso paziente con un suo linguaggio che, come ogni lingua, ha la caratteristica di un parlare collettivo in cui ogni parola ha un preciso significato, simile per tutti gli individui che l’adoperano.
Ma il suo significato è celato dietro un’analogia: quest’ultima manifesta un’espressione emozionale. Vi anticipo un esempio: il paziente esprime spesso verbalmente la parola “appoggiare”: questa parola manifesta l’esigenza non soddisfatta di avere un appoggio affettivo del prossimo. Questa espressione la ritrovo verbalmente nel dolore alla nuca, quando la persona “non può più appoggiare la testa sul cuscino” oppure, fisicamente, nelle eruzioni cutanee, come per esempio la psoriasi, che si manifesta preferibilmente nei punti d’appoggio: ginocchia, gomiti, nuca, natiche, talloni. –

Il linguaggio metaforico del paziente è bellissimo e commovente e io l’ho denominato “pazientese”. Più ne raffino la conoscenza, più aumentano le mie capacità terapeutiche attraverso esso.

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